Da quando il servizio militare è svolto soltanto come una professione, vengono meno i motivi dell’assistenza religiosa continuativa nelle caserme. Dopo il periodo iniziale di addestramento, i militari sono cittadini che vivono a casa loro, se sono credenti e praticanti hanno una parrocchia di riferimento. Fatte salve le missioni all’estero in paesi in cui non esistono realtà di Chiesa (e che quindi rendono preziosa e anche necessaria la presenza di un prete), la cura pastorale di chi ha scelto di fare il militare non è molto diversa da quella rivolta ad altre professioni o particolari ambienti di lavoro. Di conseguenza, come in ciascuna diocesi ci sono preti incaricati della pastorale di ambiente (è il caso di ospedali e carceri), non si vede perché il servizio pastorale nelle istituzioni militari più rilevanti, come le scuole allievi delle varie armi, non potrebbe essere affidato a preti delle Chiese locali.
Tale impostazione sortirebbe anche un altro effetto: liberare uomini di Chiesa dall’appartenenza a una struttura statale di cui si finisce non solo di essere dipendenti, ma anche in qualche misura funzionali al raggiungimento di finalità talvolta diverse o addirittura estranee alla logica evangelica della pace. Come i cappellani del carcere non hanno il compito di fare i difensori d’ufficio del sistema penitenziario, o quelli in ospedale del servizio sanitario nazionale, non dovrebbe più succedere che i cappellani militari, o addirittura i vescovi, si facciano giustificatori e paladini di missioni armate.
Alla considerazione etico/religiosa possiamo aggiungerne un’altra sul terreno politico/economico, riguardante i risparmi che deriverebbero allo Stato se l’assistenza religiosa fosse affidata a preti incaricati dalle diverse diocesi attraverso un opportuno accordo col Ministero della difesa (si confronti l’importo dell’attuale stipendio di un cappellano militare con quello di un parroco). Partiti da papa Giovanni, improbabile patrono dell’esercito, abbiamo finito per parlare di preti e di pastorale. E allora, per restare in tema, è utile non dimenticare le due figure che papa Francesco ha indicato a noi preti italiani: don Mazzolari e don Milani. Due parroci per i quali la passione per la pace – inclusa la riflessione critica sugli apparati militari – ebbe un posto non secondario nell’opera di evangelizzazione.
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