Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
Translate
domenica 24 settembre 2017
Se ci sono ultimi è perché tanti vogliono essere primi! (commento di p.Balducci alla XXV Domenica T.O.)
24 Settembre 2017-25 DOMENICA TEMPO
ODINARIO-Anno A
Dobbiamo pur usare gli strumenti della
giustizia che abbiamo in mano; è la nostra fatica storica. Ma la
nostra coscienza non è dentro quelle misure, le sovrasta e mentre le
applica ne sente il peso insopportabile.
PRIMA LETTURA: Is 55, 6-9- SALMO: 144-
SECONDA LETTURA: Fil 1,20c-24.27a- VANGELO: Mt 20, 1-16
... Quando Dio dice che la sua
giustizia non è la nostra giustizia non intende squalificare la
nostra giustizia come esigenza, come bisogno interiore, ma vuole
risospingerci sulle nostre giustizie, quelle che abbiamo realizzato,
perché ne scopriamo l'iniquità, la loro ingiustizia. È come quando
un professore di scuola fa il suo scrutinio di fine anno e mette i
suoi otto, i nove, i dieci, i quattro, e i tre e se ne va a casa
tranquillo, sicuro di aver fatto il suo dovere. Gli resterebbe da
fare il più' di capire cioè perché il meno capace è rimasto
emarginato, che cosa c'è nella impotenza di un bambino, un difetto
di doti naturali o una storia personale di sofferenze e di
insufficienti affetti. Le nostre divisioni dei ruoli nella società
ci fa passeggiare con le infule della giustizia e abbiamo le mani
piene di ingiustizia.
Ho preso il caso più comune ma ovunque io
volga lo sguardo mi accorgo che gli uomini sicuri di far giustizia,
sono più nefasti di quelli sicuri di parlare in nome di Dio.
Riconoscere che c'è una giustizia di Dio mi riempie il cuore di
commozione e di consolazione, perché penso sempre, per una specie di
meccanismo immaginativo ormai consolidato, a tutte le turbe di
persone passate nel mondo come vittime e che non hanno nemmeno un
fiore al cimitero, nemmeno il nome in una pietra: le sterminate
moltitudini schiacciate da una miseria - dovuta evidentemente
all'opulenza degli opulenti - su cui non si è sparsa nessuna
lacrima. Io penso con gioia a questa giustizia di Dio: i conti della
vita sono scritti su un libro sigillato con sette sigilli che sarà
dissigillato alla fine dei tempi.
Allora ciascuno avrà il suo.
Quella giustizia coincide con la nostra? Affatto! Ci abbraccia tutti
una giustizia che consolerà soprattutto le vittime, i peccatori, le
meretrici, i pubblicani come disse il Signore. Spesso nel vizio di
una persona si scaricano iniquità che hanno le loro sorgenti nelle
zone della virtù collaudata e proclamata. Sentir questo non vuol
dire fare di ogni erba un fascio, vuol dire riconquistare il senso
del relativo. Dobbiamo pur usare gli strumenti della giustizia che
abbiamo in mano; è la nostra fatica storica.
Ma la nostra coscienza
non è dentro quelle misure, le sovrasta e mentre le applica ne sente
il peso insopportabile. Allora noi abbracciamo con un amore e
giustizia, che in qualche modo è speculare nei confronti
dell'inconoscibile giustizia di Dio, tutte le creature e soprattutto
gli ultimi che se sono ultimi è anche perché ci sono troppi che
primeggiano e che han bisogno di farsi la strada a colpi di gomito,
che disseminano nel sentiero le vittime della prepotenza vittoriosa.
Questa giustizia divina non ha qui i suoi tribunali, e pure ha qui i
suoi tribunali, perché Dio non è un Dio solo al futuro, è presente
e qualche volta lo sentiamo nella sua collera profonda. Se ne abbiamo
il sentimento, camminiamo nel mondo senza l'occhio del fariseo che
distingue se stesso dal pubblicano, senza l'occhio della donna
virtuosa che distingue se stessa dalla meretrice, senza l'occhio
cattivo che ha bisogno di specchiarsi negativamente nel male altrui
per la soddisfazione di sé. Tutto questo è colto in radice dal
discorso evangelico: se ce ne lasciamo ispirare la nostra esperienza
ritrova il suo flusso, la sua dinamica, il suo movimento e
soprattutto si diffonde attorno a noi non già la durezza delle
verità del pensiero umano e della giustizia dell'uomo, ma l'ansiosa
ricerca di un mondo diverso da questo in cui gli ultimi diventino
finalmente primi e i primi diventino finalmente ultimi. È verso quel
mondo che noi camminiamo.
Ernesto Balduccì - da 'il Vangelo
della pace " VoL I - anno A
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento