Ed essi si dissero
l'un l'altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre
conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le
Scritture?”.
Luca 24,32
Abbiamo non solo
attraversato il giorno della Pasqua di Gesù, il profeta potente in
parole ed in opere. Se guardi attraverso la storia, quel contorno di
giorni è stato ampiamente trafficato, generazioni di ebrei hanno
ricordato il passaggio del Mar Rosso, la liberazione dal
potere del faraone, la fine della schiavitù, mai abbastanza
rifiutata per la sua misteriosa e stordita sicurezza. Ora, di molte
persone che attorniavano l'uomo dei miracoli, Gesù, ne sono rimaste
soltanto alcune. “Tu dove vai?”. Ha poco da dire degli altri,
quelli che gli stavano vicini, che stavano prossimi a Gesù. Stanno
muti nella memoria, incerti nel presente delle donne: dicono di
averlo visto camminare. Parlare. Fuori della tomba. “Sembra a me
che invece loro ci stiano dentro quella tomba!”. Uno dice. “Io me
ne vado, Cleopa!”. Allora l'altro dice: “Mi dai un
passaggio?”.
Una strada deserta, si
affianca un viaggiatore. Come Mosè nel deserto, che pascolava gregge
invece di fare popolo, erano là a transitare, a pensare cose per cui
non erano nati definitivamente. Non è la stoffa dei loro abiti, ma è
solo la polvere che si portano addosso. “Perchè siete rivestiti di
tristezza?”. Cleopa pensa: “Sarà mica un poeta questo qua?
Adesso lo ridimensiono io!”. E riversano lui ed il suo
accompagnatore tutta l'amara vicenda di quei giorni: “Sei proprio
un ignorante a non esserti accorto di niente in questi giorni? Ma da
dove vieni? Non sei stato a Gerusalemme?”.
Si! Ci sono stato anche
io. Ci sono stati tutti a Gerusalemme e ci sei stato anche te che
chiamo fratello e sorella mia. Anche tu ci sei stato nella città
degli uomini, dove l'opulenza cerca sempre di far chiasso con le sue
breve apparizioni e per pochi, dove la tua carne o quella dei tuoi
cari è stata toccata come quella di Giobbe, dove sembra che
l'amicizia bella e l'amore ricevuto facciano solo crepuscolo. Perchè
stare là ancora a Gerusalemme? Andiamo a morire nel nostro natio
borgo selvaggio!
Sulla strada, roccia tra
rocce, passano migrando un piccolo stormo di uccellini minuti, senza
riuscire a fare ombra nemmeno per un istante! La luce fa sudare ogni
passo. La voce di quel passeggero anonimo inizia a parlare, come un
tempo parlò il roveto: “Voglio andare a vedere questo segno
strano: un fuoco che brucia ma non consuma!”. Diceva a se stesso
Mosè decidendo di andare verso quello strano evento. Ma che roveto? Era il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe!
Più tardi. Cleopa e
l'amico sono arrivati. Hanno premura per il terzo con loro, lo
trattengono a casa, ormai sono diventati compagni del viaggio,
compagni significa coloro che condividono insieme il pane della
mensa. Chissà se a lungo o per niente gli era venuto in mente dei 5
pani condivisi da Gesù per la folla affamata? Stanno a cena,
lasciano la benedizione all'ospite. Come nessun altro lo sconosciuto
Signore usa parole e gesti e dal cuore dei due discepoli l'amicizia
non finisce più di sgorgare. Lui sta in viaggio di nuovo, non lo
vedono con gli occhi ma lo cantano e ringraziano. “Era Gesù!”.
“Non ci ardeva forse il cuore nel petto?”. "Ci ardeva quando ci spiegava le scritture dei nostri padri.".
Tutta quella polvere sui
vestiti, grigi piccoli frammenti di roccia, ossa della terra
sbriciolate, minutissime particelle minerarie, scavate e che scavano:
ora non adombrano più la loro vita, la vita di colui che è passato
attraverso la morte e lo hanno incontrato. Come il roveto ardente di
Mosé, come roveto che brucia e non consuma, la Parola dispiegata dal
passeggero li ha liberati: “Stolti eravamo, ora siamo uomini senza
stoltezza! Perchè un amico ci ha ritrovati e ci ha dato tutti i
segni per non restare soli!”.
Si torna a Gerusalemme.
Il crepuscolo è fuori ma non in essi. “Ascolta?”. “E chi vuoi
che ascolti, Cleopa?”. Cleopa mescola il sorriso ad un colpo sulla
spalla dell'amico. “Come sempre! Non ti viene da pensare che forse
per noi è stato come per Mosé? Voglio dire: anche lui si era
fermato a fare un mestiere che non era il suo e poi nel deserto ha
incontrato Dio!”. “Vuoi dire il roveto ardente?” gli fa
l'amico: “Si! Mi sembra si possa dire così. Anche se per noi il
roveto era il nostro stesso cuore!”. Poi continua: “Cosa diremo
agli altri?”. “Niente!” risponde Cleopa “Soltanto passeremo
con loro questa nuova notte!”. “Veramente potresti dire che è
una notte nuova!”. “Veramente nuova! Per noi la notte adesso ha
un significato diverso!”: Disse Cleopa. E prima di scoppiare a
ridere insieme, l'amico gli dice “Camminiamo alla luce del giorno
ma siamo viaggiatori nella notte!”. Risero a lungo e poi a lungo
lodarono il Signore:
È venuto il gran giorno
della loro ira,
ma l'agnello ha vinto
e guarda il volto di
Colui che siede sul trono, (Os 10,8)
Alzano i fiumi, Singore,
alzano i fiumi la loro
voce ,
alzano i fiumi il loro
fragore,
ma più potente delle
voci di grandi acque,
più potente dei flutti
del mare,
potente nell'alto è il
Signore. (Sl 92)
È come sigillo sul nostro
cuore,
è come sigillo sul
nostro braccio;
perché forte come la
morte è l'amore,
tenace come il regno dei
morti è la passione:
le sue vampe sono vampe
di fuoco,
una fiamma divina!
Le grandi acque non
possono spegnere l'amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le
ricchezze della sua casa
in cambio dell'amore, non
ne avrebbe che disprezzo. (Ct 8,6-8)
E tu che oggi leggi questo Vangelo, vorresti anche tu un passaggio? Forse stai andando ad Emmaus. Forse da Emmaus stai ritornando a Gerusalemme. Ricordati che non sei solo nel viaggio. E chiedo perdono a David Foster Wallace se pensi, dovunque si trovi ora, che ho usato in modo strumentale le sue parole. È che proprio mi piacciono e penso che mi scuserà volendo usarle soltanto per salvare l'amicizia di qualcuno. Buon viaggio!
d Francesco Ondedei
il problema del credente
dogmatico è esattamente uguale a quello del non credente: una
certezza cieca, una mentalità chiusa che equivale a un
imprigionamento così totale che il prigioniero non si accorge
nemmeno di essere rinchiuso...
Il punto che vorrei
sottolineare qui è che credo che questo sia una parte di ciò che
vuole realmente significare insegnarmi a pensare. A essere un po’
meno arrogante. Ad avere anche solo un po’ di coscienza critica su
di me e le mie certezze. Perché una larga percentuale di cose sulle
quali tendo a essere automaticamente certo risulta essere totalmente
sbagliata e deludente...
Vent’anni dopo essermi
laureato, sono riuscito lentamente a capire che lo stereotipo
dell’educazione umanistica che vi “insegna a pensare” è in
realtà solo un modo sintentico per esprimere un’idea molto piu
significativa e profonda: “imparare a pensare” vuol dire in
effetti imparare a esercitare un qualche controllo su come e cosa
pensi. Significa anche essere abbastanza consapevoli e coscienti per
scegliere a cosa prestare attenzione e come dare un senso
all’esperienza. Perché, se non potrete esercitare questo tipo di
scelta nella vostra vita adulta, allora sarete veramente nei guai.
David Foster Wallace –
da Questa è l'acqua
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