Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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giovedì 6 aprile 2017
Sviluppo integrale: Papa Francesco per i 50 anni della Populorum Progressio
«Integrare i diversi popoli della
terra».
«Integrare la dimensione individuale e
comunitaria».
«Integrare nello sviluppo tutti gli
elementi che lo rendono veramente tale»: l’economia, la finanza,
il lavoro, la cultura, la vita familiare, la religione. Perché «solo
la strada dell’integrazione tra i popoli consente all’umanità un
futuro di pace e di speranza».
Ai partecipanti al Congresso
internazionale per i 50 anni della Populorum Progressio, organizzato
dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale,
ricevuti oggi in Vaticano, Papa Francesco indica la strada per
rendere fattiva la «sintetica e fortunata formula» coniata da Paolo
VI nella sua enciclica di “sviluppo integrale”, inteso come
«sviluppo di ogni uomo e di tutto l’uomo».
Uno sviluppo che oggi si rende
necessario in un mondo, come quello odierno, «in cui visioni
ideologiche e poteri politici» che «hanno schiacciato la persona,
l’hanno massificata e privata di quella libertà senza la quale
l’uomo non si sente più uomo». «A tale massificazione sono
interessati anche poteri economici che vogliono sfruttare la
globalizzazione, invece che favorire una maggiore condivisione tra
gli uomini, semplicemente per imporre un mercato globale di cui sono
essi stessi a dettare le regole e a trarre i profitti», denuncia il
Papa.
E, stigmatizzando ancora una volta
l’individualismo in cui sembra radicarsi la società moderna,
aggiunge: «L’io e la comunità non sono concorrenti tra loro, ma
l’io può maturare solo in presenza di rapporti interpersonali
autentici e la comunità è generatrice quando lo sono tutti e
singolarmente i suoi componenti». Questo «vale ancor più per la
famiglia, che è la prima cellula della società e in cui si apprende
il vivere insieme».
Il Papa parla dunque di «un dovere di
solidarietà» che - sottolinea - «ci obbliga a cercare giuste
modalità di condivisione, perché non vi sia quella drammatica
sperequazione tra chi ha troppo e chi non ha niente, tra chi scarta e
chi è scartato. Solo la strada dell’integrazione tra i popoli
consente all’umanità un futuro di pace e di speranza», rimarca
Bergoglio.
Si tratta di offrire modelli
«praticabili» di integrazione sociale, nel senso che «tutti hanno
un contributo da dare all’insieme della società» o «una
peculiarità che può servire per il vivere insieme». «Nessuno è
escluso dall’apportare qualcosa per il bene di tutti. Questo è al
contempo un diritto e un dovere», chiosa Francesco. «È il
principio della sussidiarietà a garantire la necessità dell’apporto
di tutti, sia come singoli che come gruppi, se vogliamo creare una
convivenza umana aperta a tutti».
In tal senso bisogna integrare «tutti
quegli elementi» che rendono efficace lo sviluppo: economia,
finanza, lavoro, cultura, vita familiare, religione. Ciascuno nel suo
specifico sono «un momento irrinunciabile di questa crescita»;
«nessuno di essi si può assolutizzare - afferma il Papa - e nessuno
di essi può essere escluso da una concezione di sviluppo umano
integrale, che tenga cioè conto che la vita umana è come
un’orchestra che suona bene se i diversi strumenti si accordano e
seguono uno spartito condiviso da tutti».
Certi di questo bisogna integrare tra
loro anche «corpo e anima». Perché come già scriveva il beato
Montini, «lo sviluppo non si riduce a una semplice crescita
economica» né «nell’avere a disposizione sempre più beni, per
un benessere soltanto materiale», ma significa «che nessuna opera
di sviluppo potrà raggiungere veramente il suo scopo se non rispetta
quel luogo in cui Dio è presente a noi e parla al nostro cuore». È
proprio il concetto di persona nato e maturato nel cristianesimo che
«aiuta a perseguire uno sviluppo pienamente umano» perché indica
sempre «relazione» e «non individualismo», «afferma l’inclusione
e non l’esclusione», «la dignità unica e inviolabile e non lo
sfruttamento», «la libertà e non la costrizione». Questa
«sapienza» la Chiesa mai si stancherà di offrirla al mondo, «nella
consapevolezza che - conclude il Pontefice - lo sviluppo integrale è
la strada del bene che la famiglia umana è chiamata a percorrere».
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