Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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sabato 11 aprile 2020

11 aprile 2020 MENSA (commento a Eb 4,1-16)

Dalla lettera agli Ebrei
…Affrettiamoci dunque ad entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza. Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non v'è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto.
Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.


Il sabato è il giorno senza liturgia, è il giorno integro di Gesù collocato nel sepolcro.
Le abitudini del sabato si risvegliano senza cambiamenti per quanti non si sentono toccati da quella morte, quanti fanno tutto come sempre, sensibili soltanto al come-era-bello-un-tempo e al si-era-fatto-sempre-così.
Ma per quelli che sanno, niente è come prima. Voi dove eravate quando io non c’ero? -ci chiedevano quelli rimasti dentro fino alla legge Basaglia, poi confinati di nuovo in altro istituto-. Custos, quid de nocte? Sentinella, a che punto è la notte? Fa eco la voce di Isaia. La notte arretra con il passo del giorno. L’assenza delle persone è il primo spazio dove sconfinare e umanizzare, perché “quando saprai piangere, soltanto allora sarai capace di fare qualcosa per gli altri con il cuore.” (papa Francesco). Un’omelia del secondo secolo mi torna nel cuore. Oggi proviamo a sentirci compagni (che spezzano insieme il pane) in questo pellegrinaggio nella notte: fratello, che ti senti inutile in queste ore, sfiduciato dal lavoro e dalla capacità produttiva per sentirti vivo, per sapere che esserci è già il tuo valore; sorella, che scopri quanto avere ragione e dare tutto a tuo figlio non basta per togliergli la sete di lacrime perché non può uscire, perché non può incontrare altri bambini; a te nonna, a te nonno, che nel corpo che affina le sue sensibili sordità ciò che non smette di amplificarsi è la solitudine; a te, malata o sofferente, di qualcosa che è questo virus o che non lo è, e ti sembra che tutta questa attenzione aumenti la tristezza, la paura, la rabbia del “perché io?”; a te che hai cura dei malati, nelle corsie in ospedale o nelle stanze anziane, e provi a donare un leggero sorriso, il fresco sussurro di una parola contro il male inquieto che può ferire anche te, e temi anche quando tornerai a casa; a te, che esorcizzi la pandemia con la tua incredulità, facendo finta di niente, e girando con un corpo imbarazzante, permetti che siano gli altri a preoccuparsi o ammalarsi per te, al tuo posto. E anche a te religioso, suora o prete, che scavi spazi certosini tra le parole e le opere di Dio, quanto sembra difficilmente riempito di calore l’istante infinito tra te e Lui, nell’intima preghiera, quando ci sono tutte le voci che hanno domande uguali alle tue, dubbi simili, identici bisogni. Non è preghiera per rimarcare la dose, questa, ma scoperta di fraternità, a cui aggiungere un altro fratello che non vedi, che pensi assente: questo Gesù! La mensa è pronta!

Donde

Da un'antica «Omelia sul Sabato santo». La discesa agli inferi del Signore
Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi…Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un'unica e indivisa natura…Il mio sonno ti libererà dal sonno dell'inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te. Sorgi, allontaniamoci di qui…Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l'eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli».

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