Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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venerdì 24 gennaio 2020
BRASILE 2020 - dormendo fragile su foglie di carta
giovedì 23 gennaio
La costante umidità ci accompagna anche oggi: che sia pioggia atipica per la stagione che sia sudore tipico per il clima tropicale, la sensazione di avere sempre indumenti bagnati addosso è abbastanza faticosa. Tante case qui anche nei bairros, sono completamente ricoperte da un manto di piastrelle che sembra poter scansare l'acqua ma senza tanta convinzione prova anche ad isolare la casa dagli accidenti esterni. Sulla soglia di abitazioni o negozi c'è spesso qualcuno che osserva il nostro passaggio, incerti naviganti con la stella cometa del gps offline.
Arriviamo alla fine alla Trinidade, la chiesa in sobrio recuperato dissesto di cui scrissi nel precedente viaggio (leggi post del 12 luglio 2018). Aggiungo qualcosa di questo rinnovo di volti di una spiritualità che trae linfa tanto da Taize, quanto da Foucauld per il suo fissare la vocazione su un momento della vita di Gesù, il tempo di nascondimento a Nazareth come già attiva redenzione. Qui lo sguardo è sul suo essere pellegrino: vivere nel provvisorio, trovare ospitalità nel "tempio" anche per dormire, cercare la comunione con gli altri a dispetto di una strada che tenta continuamente di dirti che la tua forza è la solitudine e nessuna amicizia vale quanto te stesso libero. Padre Joao: "La strada è la peggiore prigione, perchè da una cella vedi almeno una porta per uscire.". La strada crea a Salvador almeno 2500 persone senza dimora, in alta percentuale etilisti, tossicodipendenti, o entrambi. Quando sei in strada in questo modo, la strada ti trattiene in strada. Trovi qualcuno che qualcosa da mangiare te lo dà, il clima aiuta a non avere un tetto. La pedagogia della comunità Trindade, vive la strada come un pellegrinaggio, non come prigione. La strategia pedagogica è risvegliare (a tappe successive) il desiderio di volerne uscire. Innanzitutto essere accolto per quello che sei, essere abbracciato anche se il tuo odore è quello di chi non si accudisce, non si lava e magari neanche oggi vuole lavarsi. La misura dell'accoglienza non è se l'altro accetta il mio aiuto, ma se io sono disposto a prendere il suo passo e non lasciarlo solo. Poi l'andatura potrà cambiare, con il tempo, con amore, con pazienza.
Padre Joao è il versante organizzativo di frei Henrique, che è il versante contemplativo della spiritualità trinitaria su cui si fonda la comunità. L'uno belga, l'altro francese. Iniziando qui il cammino da circa un ventennio dopo due esperienze precedenti: per l'uno come fidei donum parroco qui in Salvador, l'altro come pellegrino per il Brasile a cui il vescovo locale chiese di "accorgersi" dei poveri di strada in modo diverso. Molto del lavoro anche manuale si basa sul recupero ed il riciclo. Quello che porti dalla strada qua puoi trasformarlo in qualcosa di bello, così può essere la vita. Gli spazi della chiesa ed intorno dove sono accolti i poveri, sono spazi transizionali: si lascia la strada nelle sue forme deteriori di falsa libertà, mancanza di limite, e si impara a vivere in relazione, organizzando la giornata. Una zona di passaggio che cerca non nelle cause immediate ma profonde, il disagio di ogni singola persona incontrata e che sia proveniente dalla strada. Quali sono le motivazioni personali che causano la tua permanenza in strada?
Chiediamo ad Henrique della missione. Si sente piuttosto un contemplativo. Nella chiesa vede il rischio di doversi occupare di più di ciò che deve mantenere che di quello che deve lasciare per poter annunciare il Vangelo al meglio.
Parliamo e visitiamo a lungo. Lascio qualche volto.
Beh! Ritroviamo Emma che è partita dal centro missionario e starà qui per tre anni. Entusiasta di questi primi mesi vissuti in comunità, mi racconta dei prossimi passi per crescere meglio nella spiritualità della Trinità. Sta ancora camminando e imparando. Insieme al fatto che la troviamo in forze (dice di essere ingrassata ma proprio non sembra) ci sembra un buon segnale di salute. Grazie Emma.
Erasmo è già seduto quando trovo il mio posto vicino a lui per il pranzo comunitario. Si estrae il colore blù, noi siamo il verde e saremo i prossimi a prendere il cibo. Erasmo è anzianotto, il piede sinistro gonfio e deforme fa faticare anche la gamba nel passo. Non sembra però essere determinato in ciò per il suo buon sorriso. vive nell'interior, 300km, torna qui per curarsi. Quando è lontano desidera tornare qui in comunità, ci vive bene!
Giovanni Cara (registrato qui con l'aggiunta ironica e personale al suo cognome "di MAcao"), piccolo fratello di origini cagliaritane, da 59 anni in Brasile, adesso ne ha 90. Dice che gli hanno diagnosticato una diminuzione di cervello, ma le sviste di memoria che ogni tanto ha sulle parole durano veramente poco e penso sia solo una sua imparata forma di umiltà sorridente. Semplice nei modi, dell'anzianità ha tutta la ricchezza di voler comunicare e stare a parlare. Quando si apparta, anche in mezzo agli altri come in chiesa, il suo magrissimo corpo assume la direzione silenziosa dell'orante, quasi un'assenza pronta alla prossimità.
Valglenio, 9 anni di strada, 35 di vita. Si faceva di crack. Era in simbiosi con un amico che un giorno lo ha ferito con un coltello. "Siamo l'uno per l'altro". Toccato il fondo. Da due anni qui, sta riscoprendo la familiare comunità.
Oggi ha prevalso un po di torpore, e siamo solo al quarto giorno. Ogni tanto la fragilità degli altri aiuta ad accettare la propria. Ad accorgersene. Almeno a non tirare su steccati.
La costante umidità ci accompagna anche oggi: che sia pioggia atipica per la stagione che sia sudore tipico per il clima tropicale, la sensazione di avere sempre indumenti bagnati addosso è abbastanza faticosa. Tante case qui anche nei bairros, sono completamente ricoperte da un manto di piastrelle che sembra poter scansare l'acqua ma senza tanta convinzione prova anche ad isolare la casa dagli accidenti esterni. Sulla soglia di abitazioni o negozi c'è spesso qualcuno che osserva il nostro passaggio, incerti naviganti con la stella cometa del gps offline.
Arriviamo alla fine alla Trinidade, la chiesa in sobrio recuperato dissesto di cui scrissi nel precedente viaggio (leggi post del 12 luglio 2018). Aggiungo qualcosa di questo rinnovo di volti di una spiritualità che trae linfa tanto da Taize, quanto da Foucauld per il suo fissare la vocazione su un momento della vita di Gesù, il tempo di nascondimento a Nazareth come già attiva redenzione. Qui lo sguardo è sul suo essere pellegrino: vivere nel provvisorio, trovare ospitalità nel "tempio" anche per dormire, cercare la comunione con gli altri a dispetto di una strada che tenta continuamente di dirti che la tua forza è la solitudine e nessuna amicizia vale quanto te stesso libero. Padre Joao: "La strada è la peggiore prigione, perchè da una cella vedi almeno una porta per uscire.". La strada crea a Salvador almeno 2500 persone senza dimora, in alta percentuale etilisti, tossicodipendenti, o entrambi. Quando sei in strada in questo modo, la strada ti trattiene in strada. Trovi qualcuno che qualcosa da mangiare te lo dà, il clima aiuta a non avere un tetto. La pedagogia della comunità Trindade, vive la strada come un pellegrinaggio, non come prigione. La strategia pedagogica è risvegliare (a tappe successive) il desiderio di volerne uscire. Innanzitutto essere accolto per quello che sei, essere abbracciato anche se il tuo odore è quello di chi non si accudisce, non si lava e magari neanche oggi vuole lavarsi. La misura dell'accoglienza non è se l'altro accetta il mio aiuto, ma se io sono disposto a prendere il suo passo e non lasciarlo solo. Poi l'andatura potrà cambiare, con il tempo, con amore, con pazienza.
Padre Joao è il versante organizzativo di frei Henrique, che è il versante contemplativo della spiritualità trinitaria su cui si fonda la comunità. L'uno belga, l'altro francese. Iniziando qui il cammino da circa un ventennio dopo due esperienze precedenti: per l'uno come fidei donum parroco qui in Salvador, l'altro come pellegrino per il Brasile a cui il vescovo locale chiese di "accorgersi" dei poveri di strada in modo diverso. Molto del lavoro anche manuale si basa sul recupero ed il riciclo. Quello che porti dalla strada qua puoi trasformarlo in qualcosa di bello, così può essere la vita. Gli spazi della chiesa ed intorno dove sono accolti i poveri, sono spazi transizionali: si lascia la strada nelle sue forme deteriori di falsa libertà, mancanza di limite, e si impara a vivere in relazione, organizzando la giornata. Una zona di passaggio che cerca non nelle cause immediate ma profonde, il disagio di ogni singola persona incontrata e che sia proveniente dalla strada. Quali sono le motivazioni personali che causano la tua permanenza in strada?
Chiediamo ad Henrique della missione. Si sente piuttosto un contemplativo. Nella chiesa vede il rischio di doversi occupare di più di ciò che deve mantenere che di quello che deve lasciare per poter annunciare il Vangelo al meglio.
Parliamo e visitiamo a lungo. Lascio qualche volto.
Beh! Ritroviamo Emma che è partita dal centro missionario e starà qui per tre anni. Entusiasta di questi primi mesi vissuti in comunità, mi racconta dei prossimi passi per crescere meglio nella spiritualità della Trinità. Sta ancora camminando e imparando. Insieme al fatto che la troviamo in forze (dice di essere ingrassata ma proprio non sembra) ci sembra un buon segnale di salute. Grazie Emma.
Erasmo è già seduto quando trovo il mio posto vicino a lui per il pranzo comunitario. Si estrae il colore blù, noi siamo il verde e saremo i prossimi a prendere il cibo. Erasmo è anzianotto, il piede sinistro gonfio e deforme fa faticare anche la gamba nel passo. Non sembra però essere determinato in ciò per il suo buon sorriso. vive nell'interior, 300km, torna qui per curarsi. Quando è lontano desidera tornare qui in comunità, ci vive bene!
Giovanni Cara (registrato qui con l'aggiunta ironica e personale al suo cognome "di MAcao"), piccolo fratello di origini cagliaritane, da 59 anni in Brasile, adesso ne ha 90. Dice che gli hanno diagnosticato una diminuzione di cervello, ma le sviste di memoria che ogni tanto ha sulle parole durano veramente poco e penso sia solo una sua imparata forma di umiltà sorridente. Semplice nei modi, dell'anzianità ha tutta la ricchezza di voler comunicare e stare a parlare. Quando si apparta, anche in mezzo agli altri come in chiesa, il suo magrissimo corpo assume la direzione silenziosa dell'orante, quasi un'assenza pronta alla prossimità.
Valglenio, 9 anni di strada, 35 di vita. Si faceva di crack. Era in simbiosi con un amico che un giorno lo ha ferito con un coltello. "Siamo l'uno per l'altro". Toccato il fondo. Da due anni qui, sta riscoprendo la familiare comunità.
Oggi ha prevalso un po di torpore, e siamo solo al quarto giorno. Ogni tanto la fragilità degli altri aiuta ad accettare la propria. Ad accorgersene. Almeno a non tirare su steccati.
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