Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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giovedì 2 agosto 2018

Motivo del viaggio: turismo! Viaggio in Tanzania. 1 agosto 2018

Il flusso umano scende dall'aereo, di corsa per compilare il modulo, passare la frontiera (qui non è il pericoloso mare, ma i chioschi con ufficiali che timbrano e chiedono perché sei qui? Si deve rispondere TURISMO), recuperare i bagagli. In mezzo a questo flusso ci sono anche gli studenti universitari ed io con loro.



"Perché vieni in Africa?" La stessa domanda durante  il periodo di formazione. Di nuovo alla sera quando ci siamo ritrovati per la cena. Non è facile rispondere. Il perché nella nostra mente e cultura deve sempre corrispondere ad una giustificazione.
Chiedo ai ragazzi cosa sia stato difficile far capire del loro viaggio a chi resta a casa.

Primo: c è un modo di intendere lo spazio. Non c è il Tanzania o un singolo paese, ma c è l Africa di cui il Tanzania è un frammento. E nelle idee di chi gli parla, questo continente viene collegato a eventi e situazioni incerte, dolorose, difficili da comprendere e da sostenere. Un tutt'uno di sorti avverse, dove di positivo c è solo l esotismo dei costumi, gli aspetti di (presunta) vita tribale sopravvissuta, la natura selvaggia e spettacolare. Anche le guide turistiche pubblicizzano così, semplicemente arricchendo di materiale i vari capitoli.

L'altro ostacolo da spiegare a chi resta corrisponde alla domanda del poliziotto di frontiera, della schedina del visto da compilare, del nostro cervello che continua a chiedere: perché sei voluto venire qui?
Se poi si risponde no! alla domanda "ma che volontariato vai a fare?", allora inizia il problema di spiegare agli altri ciò che è difficile anche per noi. Perché la nostra non è una risposta dei forti ma debole. Non mette tutto a posto, non fa quadrare il cerchio.

Un ragazzo, Mario, a cena, la nostra prima cena qui, racconta ciò che è avvenuto nel pomeriggio.

Sbarcati, sistemate le valigie alla Salvation Army, trascorso il mattino a sbrigare cambio e mappatura del centro di Dar, il pomeriggio è per il riposo, recuperare sonno e costole del viaggio notturno.

La salvation è un ostello protestante, da qualche anno ha rinnovato i bungalows che fungono da stanze. Prima erano di una sobrietà spartana, adesso il livello è salito di molto: piastrelle, luce, tende, pale, bagno con acqua, minore permeabilità alla fauna esterna.
Ma la salvation è anche una scuola primaria e nella parte posteriore del compound ospita alcuni allievi speciali. Qui c è un centro paragonabile a quello di Budrio, per protesi a bimbi disabili. Molti provengono da famiglie di città lontane e quindi sono alloggiati nel centro. La regola è che ognuno aiuta e sostiene l'altro e non fanno tutto gli operatori che seguono il centro.

Nel pomeriggio c è anche tempo di stare con loro. Mario racconta a tutto il gruppo ciò che ha visto: mentre era fermo a chiacchierare con una persona, davanti i bimbi che giocano a pallone (era la finale del mondiale), una bimba cade a terra. L istinto è stato correre e alzarla. Ma ha continuato a parlare osservando. Gli altri hanno continuato il gioco. La bimba dopo un po si è rialzata.

Si è chiesto cosa fare, soccorrerla di certo non è sbagliato, ma ha pensato di lasciare che quel gruppo di bimbi disabili che giocava avesse anche una sua soluzione alla cosa. Ha lasciato che venisse fuori.

Non è facile contemplare davvero il mondo, di questo in cui ci troviamo: pensiamo che sia qui ad attendere che dai paesi "sviluppati" gli portiamo soluzione e salvezza!

Contemplare è ben diverso che assistere impotenti o rassegnati. Assomiglia di più a entrare in campo e timidamente iniziare a giocare cercando di capire le regole e facendo squadra con chi si ha intorno.

"Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode" (Laudato si, n.12)

La discussione prosegue, speriamo nascano sempre più domande nel gruppo, perché solo così questi studenti cercheranno sempre più relazioni con le persone intorno ed usciranno un poco di più da sé stessi.

D onde


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