Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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lunedì 13 agosto 2018

Cultura della cura alla Faraja House. Viaggio in Tanzania. 12 agosto 2018

Ormai la rete è fittissima di segnali, se acquisti una scheda locale non puoi fare a meno di sapere che in questi giorni in Italia è caldo come d'estate, che ci sono le file in autostrada come se la gente andasse in vacanza. E poi la politica italiana (piena di ellissi sinosuidali e contraddetti corsivi), la cronaca (sempre efferati gli omicidi), le vicende internazionali (briciole scartate se non ledono interessi nostrani, bruscolini irritanti se intaccano il benessere anche quando non c è).

A casa coi padri della Consolata di Tosa capita di vedere il Tg in italiano. Un tempo ricevere notizie dall'Italia durante il viaggio universitario mi sembrava come una trasmissione dal pianeta terra alla navicella spaziale. Oggi la comunicazione non ha tempo di riposare e, come Crono, mangia i suoi figli, cioè noi. Le informazioni non si prendono cura di noi, non ci curano, ci siamo abbandonati come bambini davanti ai cartoni animati. Ma non è il gatto Silvestro o Wil Coyote, che poi ritornano nel prossimo. Le notizie pesano irreversibili!

Sembra strano ma questo mi è venuto in mente oggi che col gruppo abbiamo trascorso l'ultimo giorno di viaggio comune. Euforia strana quando ci si separa, che si spinge fino ad un'allegria sicura di sé.

Come a quello di Bagamoyo, termino gli incontri al cimitero di Tosa, nella parte storica, sotto l'albero trinitario (un imponente tronco, tutt'uno con una vigorosa pianta d'edera, che confonde i suoi viticci formato Sansone coi rami altrui; dal centro del tronco, a tre metri di altezza, inizia un tronco di cactus che supera la chioma). C'è la tomba di Cagliero, missionario della Consolata, primo amministratore apostolico, morto in incidente nel 1935; le suore tedesche del monastero di Santa Ottilia; un bimbo vissuto pochi mesi tra il 1951 ed il 1952, dieci anni prima dell'indipendenza del Tanganika.
C'è anche padre Francesco Ghiotti: un poco burbero, apparentemente distante, si rivelò nel mio primo viaggio nel 1990 un capace interlocutore per un giovane universitario in panne come ero io. Così ho donato le stesse parole ai ragazzi, perché sono ancora parole vive che si prendono cura di noi se vengono donate. "Non sei nato per la mediocrità!".

Al pomeriggio siamo alla Faraja House, nata nel 1997 per accogliere bimbi cosiddetti di strada. Padre Franco ci racconta frammenti di vicende così terribili che senza avere intorno i volti reali, sembrerebbero storie già decise e impossibili da cambiare, foglie morte. Bambini arrestati perché si trovavano nel posto e momento sbagliato, gli abusi in carcere, violenze  in famiglia, alcool, testimoni di omicidi, ustioni per punizione.

"Sono tutti casi speciali, casi unici. Il recupero avviene stando insieme. Il dramma vero è l'abbandono. La cura è volergli bene. Non c'è altro. L'ha detto il papa ieri all'incontro coi giovani a Roma: non lasciatevi rubare i sogni. Sentirsi abbandonati uccide la loro speranza. Ecco perché poi c'è il forte impegno per l'educazione lo studio la scuola, anche tecnica. Sono divisi in squadriglie, coi più grandi che sostengono i più piccoli. La maestra e alcune educatrici guidano la vita quotidiana.".

Lo spazio delle strutture per la vita dei bambini e giovani (attualmente una 50ina) si espande nella vallata, arida in questo tempo di siccità invernale, ma sempre in grado di rapire con stupore lo sguardo. Ma ancora più stupore la viva serenità nello sguardo evidente dei bimbi. Sotto covera' anche lava, ma adesso, mentre siamo insieme, la scoperta reciproca ed il gioco ci manifestano per la gioia di essere qui ed ora.

Ce ne andiamo al tramonto, arriviamo al buio. La cena è l'occasione per il saluto, da domani le strade sono diverse. Sperando i ragazzi si lascino curare dagli incontri che avranno.

E anche voi concludete con noi questo viaggio, leggete con cura, perché questa è una buona notizia:
(Laudato Si n.231.) L’amore, pieno di piccoli gesti di cura reciproca, è anche civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore. L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche «macro-relazioni, rapporti sociali, economici, politici». Per questo la Chiesa ha proposto al mondo l’ideale di una «civiltà dell’amore». L’amore sociale è la chiave di un autentico sviluppo: «Per rendere la società più umana, più degna della persona, occorre rivalutare l’amore nella vita sociale – a livello, politico, economico, culturale - facendone la norma costante e suprema dell’agire». In questo quadro, insieme all’importanza dei piccoli gesti quotidiani, l’amore sociale ci spinge a pensare a grandi strategie che arrestino efficacemente il degrado ambientale e incoraggino una cultura della cura che impregni tutta la società. Quando qualcuno riconosce la vocazione di Dio a intervenire insieme con gli altri in queste dinamiche sociali, deve ricordare che ciò fa parte della sua spiritualità, che è esercizio della carità, e che in tal modo matura e si santifica.

d onde

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