Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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lunedì 6 agosto 2018
Bambini di strada e altre proporzioni. Viaggio in Tanzania. 5 agosto 2018
"Cosa è successo stanotte?". Qualcuno me lo chiede, ma erano gia le 5 del mattino, un'ora prima dell'alba, e dalla vicina moschea si precede il giorno nella lode di Dio. La voce nasale e il tono tagliente attraversa il buio, qua e là una luce arancione dei lampioni gli illumina la via.
Camion auto carretti pikipiki (le moto taxi) uomini: la ruota del vicino mercato Majengo ha già iniziato a ruotare e nessuno si scompone alla voce di preghiera, o alla campana della cattedrale che alle 6 avverte la messa che questo è il suo mondo umano nel quale va celebrata.
Dalla finestra d'albergo al primo piano vedo ancora un centro cittadino fatto di case basse, nate qualche decennio fa e rattoppate con lamiere ai tetti, pali di sostegno nei cortili interni, imbiancatura fresca nei negozi che danno sulla strada. Chissà quanto resisteranno alla veloce e moderna espansione di Dodoma, che nelle periferie, là dove le case si interrogano come trovare acqua, vede ormai da tempo i terreni segnati da piccoli dolmen quadrati, appezzamenti quasi completamente venduti in vista dell'urbanizzazione capitale.
Oggi è Domenica. Il sole è sorto ormai, quando ci dirigiamo alla parrocchia di Makole, prima periferia. Padre Gaetano (sa l'italiano per un mese trascorso in Italia: straordinario!) ospita me a concelebrare all altare, ed il gruppo in mezzo all'assemblea, rapito dai canti del coro: qui si impara prima a cantare insieme che da soli, a modulare la voce con le altre. Il risultato è sempre capace di attrarre un occidentale in visita, e quando la messa si conclude il coro esce continuando il canto finale, ed il gruppo di studenti come dietro al pifferaio di Hamelin. Le persone si avvicinano e ci salutano. Qualcuno di fronte ad occhi che ignorano la lingua, ci dice comunque "poleni na safari", che è qualcosa di più che augurare un buon viaggio. È un po come dire "coraggio, conosco la fatica di viaggiare ma porta con me questo saluto!".
Abbiamo appuntamento con Giovanna, Nino e le loro figlie. Passiamo insieme il giorno. Lei è stata una delle fondatrici di Kisedet, sigla di una piccola ONG locale che proprio una settimana fa ha festeggiato i suoi 20 anni. Nel tempo Kisedet ha dovuto spostare locazione e diffusione nei suoi interventi, per poter essere più incisivi, ma è sempre attenta al sostegno dei bambini, rivolgendosi sempre più a quella fascia in aumento dei bambini di strada. (Sulla rete trovate il loro sito che spiega al meglio. Di recente hanno anche pubblicato un libro sulla "vita" di Kisedet e delle persone con cui entrano in relazione).
Non si nasce bambino di strada, né esiste un motivo unico. Certamente la fragilità familiare (un genitore acquisito violento, una penuria economica selettiva in casa, un carattere al contrario e isolato, parenti che non riescono più a sostenere l'orfanezza dai genitori naturali deceduti), ma ogni persona è la sua storia.
Gli operatori di Kisedet cercano innanzitutto di riallacciare i rapporti con la loro origine, con i parenti e la famiglia. Se questo non avviene, propongono un percorso. Essendo in rete con altri centri per bimbi di strada, hanno elaborato i tre passaggi progressivi, dal centro diurno dove avviene il primo contatto dalla strada per proporre stili diversi nello stare insieme e smettere di sniffare la colla, ad un primo centro con alloggio interno alla città, fino a quello in un villaggio vicino, Chigongwe dove trascorriamo buona parte della giornata con gli oltre 15 ospiti presenti.
Il sole è schiacciante, ma l'aria secca permette a tutti di giocare dopo il fischio di inizio del classico partitone di calcio post pranzo. Noi pochi in campo, di certo con meno fiato e resistenza a queste giovani latitudini.
Nel pomeriggio in città, siamo al centro Shukurani, dove gli altri bimbi qui alloggiati, sotto la guida del maestro Kiweku, ci mostrano parte di quello spettacolo di salti, danze e recite, con il quale girano per la città e oltre, sensibilizzando sulla realtà dei bimbi di strada. Adesso iniziano a rompersi certi schemi, ma l'approccio generico della gente nei loro confronti è quello dell'indifferenza, come se fossero animali randagi (per cui l'elemosina diviene risposta facile ed errata: quei soldi si trasformano in colla, meglio comprargli del cibo!), oppure vedere in essi dei potenziali ladri (non di rado rischiano linciaggi sommari per furti presunti, basta la voce di uno; non stupitevi, da noi sta capitando lo stesso mi sembra!). Ma Nino ci conforta quando racconta che, superata l'ignoranza, allora le persone reagiscono diversamente e iniziano anche collaborazione e sostegno al Kisedet.
Così la festa dei 20 anni è stata un successo. Oppure un fallimento, dipende da dove lo si guarda. Avevano invitato personalità e ospiti per dare rilievo all'evento. Presenti: nessuno! All'ultimo tutti hanno trovato scuse.
Ma il villaggio e tanta gente è arrivata. Loro calcolavano circa 150 persone, ne sono giunte 400. Le porzioni di cibo via via ridotte ma tutti sono stati accontentati.
Il coinvolgimento delle autorità è stato un fallimento, ma quello delle relazioni sociali è andato oltre ogni aspettativa.
"Finché quello delle relazioni umane e coi bambini resterà il segno quotidiano, avrà senso che Kisedet continui ad operare." Più o meno dice Nino. Mi sono ricordato allora che il Vangelo di oggi annunciava: "Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna".
d onde
Camion auto carretti pikipiki (le moto taxi) uomini: la ruota del vicino mercato Majengo ha già iniziato a ruotare e nessuno si scompone alla voce di preghiera, o alla campana della cattedrale che alle 6 avverte la messa che questo è il suo mondo umano nel quale va celebrata.
Dalla finestra d'albergo al primo piano vedo ancora un centro cittadino fatto di case basse, nate qualche decennio fa e rattoppate con lamiere ai tetti, pali di sostegno nei cortili interni, imbiancatura fresca nei negozi che danno sulla strada. Chissà quanto resisteranno alla veloce e moderna espansione di Dodoma, che nelle periferie, là dove le case si interrogano come trovare acqua, vede ormai da tempo i terreni segnati da piccoli dolmen quadrati, appezzamenti quasi completamente venduti in vista dell'urbanizzazione capitale.
Oggi è Domenica. Il sole è sorto ormai, quando ci dirigiamo alla parrocchia di Makole, prima periferia. Padre Gaetano (sa l'italiano per un mese trascorso in Italia: straordinario!) ospita me a concelebrare all altare, ed il gruppo in mezzo all'assemblea, rapito dai canti del coro: qui si impara prima a cantare insieme che da soli, a modulare la voce con le altre. Il risultato è sempre capace di attrarre un occidentale in visita, e quando la messa si conclude il coro esce continuando il canto finale, ed il gruppo di studenti come dietro al pifferaio di Hamelin. Le persone si avvicinano e ci salutano. Qualcuno di fronte ad occhi che ignorano la lingua, ci dice comunque "poleni na safari", che è qualcosa di più che augurare un buon viaggio. È un po come dire "coraggio, conosco la fatica di viaggiare ma porta con me questo saluto!".
Abbiamo appuntamento con Giovanna, Nino e le loro figlie. Passiamo insieme il giorno. Lei è stata una delle fondatrici di Kisedet, sigla di una piccola ONG locale che proprio una settimana fa ha festeggiato i suoi 20 anni. Nel tempo Kisedet ha dovuto spostare locazione e diffusione nei suoi interventi, per poter essere più incisivi, ma è sempre attenta al sostegno dei bambini, rivolgendosi sempre più a quella fascia in aumento dei bambini di strada. (Sulla rete trovate il loro sito che spiega al meglio. Di recente hanno anche pubblicato un libro sulla "vita" di Kisedet e delle persone con cui entrano in relazione).
Non si nasce bambino di strada, né esiste un motivo unico. Certamente la fragilità familiare (un genitore acquisito violento, una penuria economica selettiva in casa, un carattere al contrario e isolato, parenti che non riescono più a sostenere l'orfanezza dai genitori naturali deceduti), ma ogni persona è la sua storia.
Gli operatori di Kisedet cercano innanzitutto di riallacciare i rapporti con la loro origine, con i parenti e la famiglia. Se questo non avviene, propongono un percorso. Essendo in rete con altri centri per bimbi di strada, hanno elaborato i tre passaggi progressivi, dal centro diurno dove avviene il primo contatto dalla strada per proporre stili diversi nello stare insieme e smettere di sniffare la colla, ad un primo centro con alloggio interno alla città, fino a quello in un villaggio vicino, Chigongwe dove trascorriamo buona parte della giornata con gli oltre 15 ospiti presenti.
Il sole è schiacciante, ma l'aria secca permette a tutti di giocare dopo il fischio di inizio del classico partitone di calcio post pranzo. Noi pochi in campo, di certo con meno fiato e resistenza a queste giovani latitudini.
Nel pomeriggio in città, siamo al centro Shukurani, dove gli altri bimbi qui alloggiati, sotto la guida del maestro Kiweku, ci mostrano parte di quello spettacolo di salti, danze e recite, con il quale girano per la città e oltre, sensibilizzando sulla realtà dei bimbi di strada. Adesso iniziano a rompersi certi schemi, ma l'approccio generico della gente nei loro confronti è quello dell'indifferenza, come se fossero animali randagi (per cui l'elemosina diviene risposta facile ed errata: quei soldi si trasformano in colla, meglio comprargli del cibo!), oppure vedere in essi dei potenziali ladri (non di rado rischiano linciaggi sommari per furti presunti, basta la voce di uno; non stupitevi, da noi sta capitando lo stesso mi sembra!). Ma Nino ci conforta quando racconta che, superata l'ignoranza, allora le persone reagiscono diversamente e iniziano anche collaborazione e sostegno al Kisedet.
Così la festa dei 20 anni è stata un successo. Oppure un fallimento, dipende da dove lo si guarda. Avevano invitato personalità e ospiti per dare rilievo all'evento. Presenti: nessuno! All'ultimo tutti hanno trovato scuse.
Ma il villaggio e tanta gente è arrivata. Loro calcolavano circa 150 persone, ne sono giunte 400. Le porzioni di cibo via via ridotte ma tutti sono stati accontentati.
Il coinvolgimento delle autorità è stato un fallimento, ma quello delle relazioni sociali è andato oltre ogni aspettativa.
"Finché quello delle relazioni umane e coi bambini resterà il segno quotidiano, avrà senso che Kisedet continui ad operare." Più o meno dice Nino. Mi sono ricordato allora che il Vangelo di oggi annunciava: "Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna".
d onde
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