Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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mercoledì 18 luglio 2018

Fattoria Speranza. Viaggio in Brasile. 17 luglio 2018

La colazione è un momento importante perché ci offre l'opportunità di dialogare con il nostro ospite, padre Arleckson e quanto ha da dirci riempie tasselli rimasti vuoti nei nostri incontri quotidiani. Per esempio la questione rimasta aperta ieri sul rischio chiusura asili.
L 'Inizio della costruzione delle scuole  si deve ai padri missionari spagnoli nel dopoguerra, perché lo stato era assente. In seguito la prefettura, organo di potere locale, ha preso il controllo investendo soldi e chiedendo alla diocesi e alle parrocchie di concedere gli spazi già utilizzati per lo scopo. Però non hanno mai fatto un intervento di restauro in 30 anni, pur non pagando nulla di affitto alla diocesi. Il caso nasce quando il ministero della salute fa dei controlli e chiede che i locali siano messi a norma. La prefettura allora chiede alla diocesi di fare questi cambiamenti a suo carico. Il vescovo che è anche in cerca di spazi inizia un braccio di ferro con la prefettura perché siano loro a pagare le spese, tenendo anche conto che il municipio avrebbe gli spazi adatti per trasferirsi. A questo punto siamo nello stallo, sperando non ci rimettano i bambini. Un po' come da noi quello che sembra uno scontro sul diritto europeo e invece è uno scaricabarile irresponsabile.

Partiamo verso il luogo dove trascorriamo tutto il giorno, prima della festa serale che ci hanno preparato le suore.

Siamo a circa due ore di strada da Jequie, in un paesino che si chiama -tradotto- kilometro cento. Poi penso che dalle nostre parti ci sono Cento e pure Cinquanta, quindi smetto di scherzarci su.

Il paese conta 8000 abitanti. La zona, come ci dirà il parroco Ricardo, è molto povera ma molto missionaria: le attività della comunità cattolica sono ferventi e tutte tese a favorire un educazione ai bimbi (ne raccolgono circa 300 per molteplici attività, da quelle manuali alla danza capoeira) e anche alle ragazze, che non sfuggono spesso alla mira dei soldi o direttamente allo sfruttamento come donne prostituite. Alle spalle il problema resta quello di famiglie assenti o con dipendenze di uno o entrambi i genitori.

Di questo si occupa la comunità dove sostiamo tutto il giorno: Fazenda Esperanza. Si! Lo so che ci viene in mente una telenovela tipica brasiliana, ma qui stiamo navigando in altre acque.
Ce ne sono ca 135 nel mondo, quasi il 90% qui in Brasile, dove sono la più grande realtà di sostegno a chi vuole uscire da una dipendenza. Sono state fondate dal movimento Focolare di Chiara Lubich e poggiano il loro percorso di liberazione su tre pilastri: lavoro, spiritualità e convivenza. Molti i modi nei quali gli ospiti della comunità sono venuti a contatto con la Fazenda: c è anche chi l ha conosciuta cercando su internet altri alla tv dove settimanalmente fanno un programma. Ma per accedere ciò che veramente è necessario, è il voler uscire dalla dipendenza. Alcuni ragazzi sono molto giovani. Per loro l uso di sostanze è iniziato a 10 anni, a scuola o perché uno zio spacciava ci raccontano, e  per curiosità e incentivati ne sono divenuti dipendenti. Furti e violenze, carcere e famiglie disperate che allontanano, finché qualcuno solitamente un parente li ha indirizzati qua. E sembrano sortirne.

La comunità si autosostiene con prodotti che poi rivende, tanto è frutto della Provvidenza, ma sono sempre al limite, anche per debiti di una mala gestione precedente. Esiste anche un gruppo di volontari esterno alla comunità che la interfaccia con la società (specie per quanti sono nella prima fase e non possono avere contatti esterni). Insieme anche a chi ha terminato la comunità, girano per fare campagna contro l'uso di sostanze.

Uno di questi è Emmanuele, che da un po ha finito il percorso, ma ha continuato la sua presenza per restituire ciò che aveva ricevuto, in particolare verso chi in fase di astinenza teme di non farcela.
Questa la sua testimonianza.

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La fazenda esperancia è stata un miracolo (ndr questo era anche il tema della parola biblica del giorno, che per loro è sempre centrale), un ritorno alla vita. Ero alcolista. Non stavo percependo quello che mi succedeva. Ero insegnante di storia. Avevo perso il lavoro, ero aggressivo in famiglia. Finché mia figlia ha pianto davanti a me dicendomi che voleva il papà di un tempo. Questo shock mi ha spinto al cambiamento. Parlando con sua moglie è nata la decisione di entrare in questa comunità. Non accettavo di avere un problema. Ognuno qui ha delle dipendenze anche diverse, ma la tragedia è simile per la sofferenza che si provoca a sé e ai propri famigliari. Stavo uccidendo me stesso e le persone intorno.
Qui è iniziata una nuova realtà attorno alla parola di Dio che prima non prendevo neanche in considerazione. Per ognuno anche se dice cose diverse, è in grado di trasformare da dentro le persone.
Mi sono accorto del miracolo quando mi sono riconciliato con mia moglie e mia figlia. Mia moglie mi disse che era ancora innamorata di me. Potevo essere un marito migliore, un padre migliore, un professore migliore. Ma ho dovuto riconoscere questo miracolo.
La vita è bella senza droga, senza violenza, quando sei un uomo nuovo e ami.
"
Mi chiedo se ciò che renda uomini sia soltanto la capacità di relazione, come diceva Aristotele, che l'uomo è un animale sociale. Oppure sia la sua radicale speranza di poter cambiare, iniziare di nuovo, e quindi aprirsi ancora agli altri. C è chi gestisce questa forza in modo riccamente umano come granito, c è chi la irrora di rugiade spirituali, ma la speranza accomuna sempre. Un padre di qui che ha viaggiato per l'Italia ci diceva come da noi la gente sia ripiegata, tuttavia appena offri la mano, ecco aprirsi alla relazione, dal freddo al caldo. Ciò che ci frega non sono le nostre debolezze, ma la paura.

E nel dopocena le suore ci spingono ad una serata festosa e danzante, sui nostri polpacci rigidi come bastoncini di merluzzo congelati! Ma è bello. Saltare e stancarci, insieme, stasera è alegria come dicono qua, gioia che ha bisogno di uscire e manifestarsi dopo una giornata come questa.

Padre Arleckson fa una breve capatina, e le sue parole alla messa sono state sintesi a questi avvenimenti: non si cerca una fede negoziativa, uno scambio di interessi con Dio. I miracoli sono solo i segni che indicano la strada, per non vivere con superficialità il vangelo, e parlare di amore di Dio, quando poi magari si è violenti con il prossimo. A fine messa ci ha presentato a questa comunità, e tanti ci sono venuti ad abbracciare, soprattutto le nonnine. Una dice a don Paolo di salutare il Papa quando rientriamo. E chi ha il coraggio di smentire questa speranza? In fondo Pi.Francesco (come lo chiama un caro amico che ci va poco in chiesa) che altro fa se non porre segni di speranza?

D.onde

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