Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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domenica 1 luglio 2018

Dio, amante della vita! (Ernesto Balducci - commento alla 13^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO)

1 LUGLIO – 2018 – 13^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – Anno B

Come cristiano sono per la vita. Ma, nello stesso tempo, dinanzi al Cristo, io sento che la morte si arricchisce di significato nel modo con cui si affronta. Ed Egli è morto all'interno di un atto di Amore. Ed è l'amore che vince la morte. Ché se l'amore non vince la morte, allora non si dica che Dio è amore: è una menzogna.

PRIMA LETTURA: sap 1,13-15; 2,23-24- SALMO: 29- SECONDA LETTURA: 2 Cor 8,7.9.13-15- VANGELO: Mc 5, 21-43


... La morte ha un che di innaturale, di non ovvio. Ma anche la vita è straordinaria. E allora a questo punto - solo a questo punto - quando si libera dalle proprie chiusure derivate dalla storia, la ragione è in grado quanto meno, di prendere sul serio ciò che come credente io devo dire: se la nostra vita e il nostro morire hanno un senso, allora questo senso deve scaturire da ciò che è oltre, da ciò che appartiene al principio e alla fine, da ciò che appartiene all'altro versante, all'infinità che ci circonda. 

Se Dio c'è, se tutta la vita nasce da un atto di amore di Dio, allora potrebbe esserci, all'interno del nostro tessuto bianco e nero, di morte e di vita, un filo, una intenzione che corre (è l'intenzione che ci sovrasta! ) in cui possano trovare riflesso il senso del vivere e del morire. Ed è quello che affermo come credente. Gesù di Nazareth, quest'uomo che passa accanto alla morte, che va verso la morte, per me è la Parola di Dio. 

Perché Egli, pur mortale come me, è entrato dentro la morte con una consapevolezza e insieme con un dominio straordinari. È questo per me l'aspetto più sconcertante di Gesù. Egli non è persuasore di morte, non ama la morte, non prepara a morire, come ci hanno fatto credere i nostri educatori. Non prepara a morire. Teme la morte, ne ha orrore, si scandalizza di fronte alla morte. E quando entra nella sua morte, suda sangue, geme, si ribella. Perché la morte è il negativo, è ciò che non dovrebbe essere. Non è filosofia da accettare quella la cui massima sia di prepararsi a morir sereni. C'è qualcosa di inaccettabile nel morire. 

C'è nel Vangelo una ribellione profonda contro la morte c'è il rifiuto della sua normalizzazione. Tutta la cultura filosofica e religiosa normalizza la morte; nel Vangelo essa è anormale. Essa è il mistero del male nel suo promontorio addentrato nella storia dell'uomo, ed è da lì che noi comprendiamo la relatività del tutto. Gesù passa accanto alla morte e la guarda diversamente: ora, dinanzi alla bambina, dice: «Non è morta ma dorme». 

Dinanzi a Lazzaro freme e piange come dinanzi alla corruzione dell'uomo nel sepolcro. E così sempre - anche dinanzi alla propria morte - Gesù sente che essa è veramente la negazione della creazione, è la polarità negativa in cui si condensano i processi distruttivi dell'intenzione del Padre. È l'anti-disegno di Dio, è il suo opposto. Questa certezza Gesù la manifesta in quanto Messia, con il dominio sulla morte. Ecco l'altro aspetto. Gesù passa accanto alla morte sentendola in sé e dominandola, in quanto egli è venuto a vincere il dominio della morte che è la signoria di Satana. Se io credo in Gesù Cristo è perché dinanzi a lui io mi dico le parole umane autentiche, non baro con la morte, la rifiuto, non la normalizzo, ne ho orrore, mi impegno a essere per la vita, ad amare ciò che è vivo, non voglio complicità con l'istinto di morte. 

E tutta la mia vita spirituale deve essere una demistificazione dell'istinto di morte, che prende forme religiose, sicurezze istituzionali. L'antropologia critica moderna mi aiuta ad alzare i veli su ciò che sembrava religioso, ed è invece cedimento all'istinto di morte. cEd è l'amore che vince la morte. Ché se l'amore non vince la morte, allora non si dica che Dio è amore: è una menzogna. A noi tocca andare verso la nostra morte, direi, anzi, tocca combattere contro la morte che ci assedia, con l'amore. 

L'amore è vita, esso feconda la realtà storica di innumerevoli bellezze, sconfigge i meccanismi di morte che vanno dalle tirannie politiche allo sfruttamento dell'uomo, dal deturpamento della natura all'esaltazione della potenza militare. Il mio scandalo è che i cristiani sono più complici che oppositori di questa enorme strategia di morte. In questa mia vita, secondo l'esempio del Signore, io trovo, dunque, congiunti in un nodo inscindibile, il mio impegno a combattere dalla parte delle forze della vita, perché Dio è da quella parte, e insieme a guardare il mistero della morte senza lasciarmene schiacciare, con la fede che in Cristo, Dio ci ha rivelato una intenzione. È la stessa intenzione per cui nascono i fiori, ci sono le stelle, c'è la vita, vi sono l'uomo e la donna e c'è il superamento della morte. Questa è l'intenzione unica di Dio che è amante della vita, come dice la Scrittura.



Ernesto Balducci- da: “Il mandorlo e il fuoco” – vol. 2

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