Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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mercoledì 5 settembre 2018
La distrazione del "differenziale paranoico": come far trascurare i problemi
il fenomeno migratorio è sempre più ostaggio di un “differenziale paranoico” sospeso tra una realtà statistica e una percezione irrealistica. Qualche esempio? La percezione del numero di mussulmani:“In Germania e in Svezia, l’immaginazione popolare ritiene che il numero di mussulmani presenti nei rispettivi paesi sia tre o quattro volte più alto del dato reale. In Polonia e Ungheria, si arriva a 50 o addirittura 70 volte”. Per Zoja “è chiaramente un residuo paranoico” che interessa anche il Belpaesedove “Un sondaggio Ipsos-Mori del 2016 rivela che la percezione è di cinque volte superiore alla realtà. Si crede siano il 20%”. Se Per Zoja e Bellicini già con la percezione del numero di mussulmani ci muoviamo in “territori preoccupanti di paranoia collettiva” la situazione non sembra migliorare quando parliamo di migranti. Secondo l’analisi “Immigrazione in Italia: tra realtà e percezione” divulgata il 27 agosto dall’Istituto Cattaneo, gli italiani sono il popolo europeo che ha l'idea più errata del reale peso dell’immigrazione.
L’Istituto Cattaneo in questo interessante lavoro di approfondimento ha analizzato i dati di Eurobarometro riguardanti la percezione dei cittadini sulla presenza di migranti in ciascuno degli Stati-membri dell’Unione Europea. La domanda rivolta agli intervistati era: “Per quanto ne sa Lei, qual è la percentuale di immigrati rispetto alla popolazione complessiva in Italia?”. All’Istituto Cattaneo precisano che “in questo sondaggio, per immigrati si intendono soltanto le persone nate fuori dai confini dell’Unione Europea e che attualmente risiedono legalmente nel nostro paese”, ma è verosimile pensare che questa sovrastima sia valida anche per gli “irregolari” non in possesso di un valido titolo di soggiorno e che l’ultimo Dossier del centro studi Idos, relativo al 1° gennaio 2017, quantifica in 491mila persone. L’incidenza degli irregolari sul totale della popolazione straniera presente sarebbe quindi dell’8,2%. Tornando al risultato emerso dall'analisi dell’Istituto Cattaneo appare chiaro che: “In Europa gli italiani sono quelli che più sovrastimano il fenomeno immigrazione, infatti, molti italiani pensano che sia più alta la percentuale di immigrati presenti nel proprio Paese”. La percentuale di immigrati realmente presenti nel Paese, un 7% e quella stimata o percepita, un 25%, determina anche quel “maggior livello di ostilità verso l’immigrazione e le minoranze religiose” di una parte degli italiani.
L’elaborazione dell’Istituto Cattaneo su dati Eurobarometro rileva anche una differenza piuttosto netta tra i residenti al nord e quelli al centro-sud: “Gli intervistati del nord Italia stimano un livello di immigrazione di circa il 20%, mentre nelle altre zone la percentuale di immigrati è indicata, in media, attorno al 26%, con uno scarto di 6 punti percentuali tra nord e sud”. Un dato ritenuto particolarmente significativo perché contrasta con la realtà della diffusione degli immigrati nelle regioni italiane. La distanza tra il dato reale e quello stimato, infatti, è maggiore al sud dove la presenza di immigrati è inferiore al 5% della popolazione, al contrario, lo scarto tra realtà e percezione è più contenuto nelle regioni del nord, dove la percentuale di immigrati è più elevata e raggiunge punte di circa il 10% della popolazione. Insomma, come hanno evidenziato anche Zoja e Bellicini "si ha più paura degli immigrati dove ce ne sono meno e quindi quando non li si conosce", e ne ha più paura “chi ha un livello culturale ed economico più basso” ed è più facilmente arruolabile in questa guerra tra poveri.
Fermo restando che anche la percezione di un problema è di per sé un problema, la capacità di analisi dell’italiano medio sembra preda di un analfabetismo funzionale sconfortante, frutto di diseguaglianze economiche sempre più eclatanti orientate da un’abile quanto irresponsabile scelta di comunicazione politica, forse incapace di occuparsi dei fatti e dei problemi reali del Paese.Il risultato è l’aumentare dei fenomeni di razzismo? Difficile a dirsi al momento senza dati statistici capaci di leggere l’enorme massa di informazioni che quotidianamente ci propongono gli organi di stampa. Tuttavia questa paranoia collettiva nei confronti dei migranti presenta numerose analogie con la cultura popolare contemporanea dove come ricorda Zoja “siamo esposti ad una bulimia di informazioni che non incoraggia l’analisi approfondita e la critica dei fatti” e spesso “agisce come un gigantesco moltiplicatore dei sospetti”.Il rapporto evidenzia bene come il preoccupante quadro politico sia talvolta agevolato anche dai mass-media dove “su questo argomento i dati a disposizione dell’opinione pubblica sono spesso frammentari e talvolta presentati in maniera partigiana, stiracchiandoli da una parte o dall’altra in base agli interessi dei partiti.Il che contribuisce spesso a proiettare un’immagine distorta della realtà del fenomeno migratorio in Italia, dove le percezioni contano più dei dati concreti”.
Un’arma di distrazione di massa che fa dimenticare il PIL, la disoccupazione, l’evasione fiscale, le mafie, l’inquinamento, la tutela ambientale, la fragilità idrogeologica di un territorio e delle sue infrastrutture, tutti problemi che dovrebbero avere la priorità non solo nell’agenda di governo, ma anche in quella mediatica a tutto vantaggio invece di politiche xenofobe e razziste che hanno effetti deleteri su un’opinione pubblica che sembra spesso impreparata quando non addirittura ben predisposta.
Ecco allora che nascono casi come quello dell’imprenditrice Agitu Ideo Gudeta. Nata ad Addis Abeba, in Etiopia quando aveva 18 anni è venuta in Italia per studiare sociologia all’Università di Trento da dove è poi tornata nel suo paese. Nel 2010 è stata costretta a scappare perché aveva ricevuto minacce da parte del governo guidato dal Fronte di liberazione del Tigrè (Tplf), al potere dal 1991. In Trentino, nella valle dei Mocheni, dove è tornata, gestisce da anni un allevamento di capre e un caseificio di successo nato dall’idea di recuperare le razze caprine autoctone e valorizzare i terreni del demanio, abbandonati dagli allevatori locali nel corso degli ultimi decenni. Nelle scorse settimane, come ha ricordato in un tweet la giornalista Valentina Furlanetto qualcosa è cambiato per lei e “La capra felice”, la sua azienda: «Mi ha scritto la mia amica Agitu Ideo Gudeta. Ha ricevuto minacce di morte. È una sociologa che alleva capre e produce formaggi in Trentino da vent'anni. In vent'anni nessuno si era accorto che è nera. “Me ne ero dimenticata anch’io - mi ha detto - fino a oggi”». Che fare quando anche una persona che da decenni è un'imprenditrice di successo si scopre "nera" agli occhi di chi si sente improvvisamente legittimato dalla politica a dichiarare senza vergogna il proprio ridicolo razzismo, abboccando all'irreale minaccia dell'invasione dei migranti?
Zoja nell’introduzione di "Nella mente del terrorista" si sofferma su una delle funzioni del giornalismo, che dovrebbe aiutare l'opinione pubblica a formarsi una scala di gravità fra i pericoli che la minacciano. Per esempio, “Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, solo nel 2012 il numero dei morti per la cattiva qualità dell’aria ha superato in Italia le 83.000 unità”. Un dato incredibile e in costante crescita negli ultimi anni visto che nella sola Unione Europea nel 2015 per Legambiente se ne contavano 400.000 di decessi per “mal’aria” e per l’Organizzazione Mondiale della Sanità ogni anno nel mondo la contabilità dei “caduti per inquinamento” sale a circa 3 milioni. “Dalle cifre - suggerisce Zoja - risulta chiaro che trascurare l’ambiente è un crimine ben più grave e più minaccioso. Ma questo metterebbe in discussione le abitudini quotidiane del consumatore sovrano”. Meglio quindi lasciarci distrarre dal "differenziale paranoico" che il fenomeno migratorio sembra catalizzare in modo emblematico e farci contagiare da “infezioni psichiche collettive”. Del resto fare la voce grossa con un rifugiato è sempre più facile che farla con la famiglia Benetton.
l'articolo di Alessandro Graziadei su UNIMONDO
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