Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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martedì 9 gennaio 2018

Violenza e guerra nel mondo d'oggi - parte 3 di 3 (di d.Francesco Ondedei)

Io vi propongo un atteggiamento differente, simile a quello di don Milani, ma non di lui soltanto.
Proviamo a chiederci: cosa faremmo se buttassimo a mare quelle cartine impostate che ci indicano come interpretare quelle violenze in cui siamo coinvolti ogni momento senza mai esserne testimoni? Io credo proprio che dal restare fermi in questa cartografia bloccata, dipendano in molte persone, gli atteggiamenti di rabbia, avversione per gruppi etnici, indifferenza di fronte alle morti di centinaia di persone, o a volte incapaci di comprendere la differenza tra la morte di un carinissimo morbidissimo cucciolino investito, con quella di un bimbo dilaniato da una mina o lentamente ucciso dalla povertà.


È quello che fa Gesù (semmai scusatemi questo riferimento, non vuole essere condizionante forma di proselitismo ma è proprio che lui ha operato in questo modo!): toglie la cartina stradale, e al suo posto propone segni e parole, cioè immagina una storia differente. Di fronte ai drammi della storia spesso il nostro tentativo è di costruire progetti per il futuro, di fatto finalizzandolo e quindi soffocandolo. Quelle che noi chiamiamo ideologie spesso sono progetti pieni di buone intenzioni che le vicende umane hanno mutato in potere e quindi vanificato o ci hanno reso delusi.

I gesti e le parole che Gesù propone rispondono ad un momento di crisi terribile: la minaccia di morte che si concretizzerà nella condanna alla croce; la dispersione del gruppo che gli era intorno; la vittoria dei violenti che si alleano tra loro come ricorda l'evangelista Luca: “In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.”(23,12). Una vera e propria crisi di speranza! Gesù orienta ad un significato tutto quello che sta per avvenire e durante la cena ultima pronuncia gesti e parole che invece di parlare di distruzione, parlano di creatività. Getta via la cartina fornitagli dai capi del Tempio e da Pilato ed inizia a indicare nella sua storia particolare un significato. Quel pane e vino, materia concreta di quel presente che stava vivendo diventano occasione per rispondere alla domanda sottratta alla violenza: Cosa posso fare qui e ora per dare a ciò che avviene un significato differente da quello violento imposto?

Chi prova a rispondere pensando che il futuro sia aperto cercherà sempre di immaginare una storia diversa, di porre segni non per possedere o controllare la storia ma per “dischiudere una esuberante speranza” direbbe Radcliffe cui su questo sono parecchio debitore!

Il drammaturgo e capo di stato Ceco, Vaclav Havel, diceva che “la speranza non è ottimismo. La speranza non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo. La speranza è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Che abbia successo o meno.

Per restare su una strada simile non possiamo metterci nella condizione dei passeggeri della barzelletta che tra loro rispondono all'imminente disastro aereo con un tentativo di apparente saggezza che è solo egoismo di salvarsi la pelle a scapito degli altri! Semmai possiamo fare il primo passo dicendo a noi stessi: “o ci salviamo tutti o non si salva nessuno!”. E sarà importantissimo dare il giusto peso, qualsiasi esso sia, a tutti quelli che ci sono di fianco. Immaginare una storia e partire con chi abbiamo nelle nostre prossimità.

Provate a pensare cosa sarebbero le cosiddette ondate di immigrati se le guardassimo come segno e strumento di un'umanità che cerca insieme a noi di vivere una vita dignitosa. Non siamo forse tutti sulla stessa barca in cerca di questa vita?

Mi piace pensare che anche un autore marxiano come Jameson vada in questa direzione quando scrive: “la nuova arte politica dovrà attenersi alla verità del postmoderno, vale a dire al suo oggetto fondamentale, cioè lo spazio mondiale del capitalismo multinazionale, e contemporaneamente dovrà aprire una breccia su un nuovo modo finora inimmaginabile di rappresentarlo, in cui noi possiamo cominciare ad afferrare nuovamente il nostro porci come soggetti individuali e collettivi e a riguadagnare una capacità di agire e lottare, che al presente è neutralizzata dalla nostra confusione spaziale e sociale. La forma politica del postmoderno, se mai ce n'è una, avrà come sua vocazione l'invenzione e la proiezione di una cartografia cognitiva globale, su scala sociale e spaziale.”.

Nelle ultime settimane, anche per motivi personali, ho sentito il bisogno di tornare a leggere la raccolta di poesie di Danilo Dolci, che ha speso la vita proprio su questa potenza donata dal ricevere e donare immagini nuove di umanità. Non a caso il titolo della raccolta è Poema Umano. Vi saluto con questo testo:

Non vi elemosino simpatia.
Sono impegnato in guerra
contro di voi,
anche per voi.

Pure con voi, amici,
non perdo tempo a tribuire complimenti:
non abbiamo altre armi che svegliarci,
trasformare i miliardi di minuti sprecati
e le lagne, in forza organizzata
esperta di una nuova strategia.

Dal nostro angolo del mondo
siamo impegnati in una guerra totale
che rischiamo terribilmente

di perdere.


per completare la lettura de la parte 1 e parte 2 cliccate sulle scritte evidenziate

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