"Gli occhi a mandorla della sfinge spiano gli aristocratici senza tempo del Nilo,
le brezze soffiano impercettibili, la sabbia è calda,
Poco a poco senti mille voci che gemono.
la roccia bianca diventa bollente mentre viene fissata per sempre.
Insieme lavorano tutto il giorno
mentre i re dormono al fresco e all'ombra,
una scia di uomini fino all'orizzonte
sollevano le rocce dietro di loro.
gli occhi a mandorla della sfinge spiano gli anni di fatica,
gli uomini sono invecchiati,
tutti i loro giorni non costruiscono che una tomba. Il sole brucia,
i figli prendono il loro posto, mentre tutti i re risorgono nella gloria, nella valle dei re giacciono indisturbati i faraoni, nel loro transito da questa terra."
Circa così cantavano 40 anni fa gli Allez Allez. E la prima volta che ho visto le piramidi, i cui metodi di costruzione si persero nei secoli già per gli egiziani nel loro impero durato 4000 anni, come per noi le gotiche nature di chiese si persero nelle pestilenze del trecento, pensai subito alla voce suadente di Sarah Osborne. Oggi il nostro giro comprende la visita alla sfinge e alle piramidi più note, quelle di Gizah (propriamente la valle dei re è a Luxor, nell'alto Egitto). Poi il museo egiziano ed infine Hal Halili, il mercato (suq) labirintico del Cairo.
Stamattina per tentare invano di evitare il caldo, lasciamo il Mokattam alle 7. Venerdì, giorno festivo, strade deserte. Non c'è oggi neppure la mamma coi suoi figli a vendere gli ortaggi all'angolo vicino casa.
Le auto che sgomitolano in strada non ci sono e posso concentrarmi sulle case attigue ai ponti e condotti nuovissimi che danno fiato al traffico della città. Per costruirle è evidente che hanno dovuto buttare giù case, ma a volte è stato sufficiente abbatterne una parte. Si vedono quindi mozziconi di stanze, tubature e cavi tagliati a penzoloni, scheletri di scale, colori di pareti rimasti orfani. Arti amputati, i palazzi sembrano mantenerne la memoria: dove sono finite le persone?
Avvicinandosi a Gizah di lontano già si vedono le punte delle tombe millenarie. Quando arriviamo un episodio ci spiega ciò su cui ieri Ahmed voleva metterci in guardia: "state attenti a chi ci vuole affittare cavalli dromedari o carretti". Sulla rotonda che da accesso ai pullman ci ferma un signore aggressivo venditore di passeggiate nel giro del tempio col carretto. Spara una cifra alta e un monito: non si può girare a piedi all'interno del parco archeologico. Né noi né il nostro autista ci fidiamo. Lui minaccia prima Andros, che non reagisce. Noi saliamo in auto, gli dico di stare tranquillo andremo in biglietteria e se le cose stanno così torneremo. Mentre partiamo osserviamo l'uomo alzare il frustino contro il figlio che dopo la prima schiva le altre e scappa. Intanto un'auto della polizia viene attratta dal movimento, ma noi ci siamo già allontanati. Il parco risulterà similmente disorganizzato, con tanti che ti assillano per vendere affittare girare fotografare. Pochissime spiegazioni in giro. Concludiamo che se sei straniero, meglio venirci in pullman e con qualche guida difensiva altrimenti trascorri davvero il tempo a fare foto sceme attaccato ai pietroni, fingendo di sostenerne uno, alzando la mano come più alta della cima della piramide. Per me, mentre usciamo mi fermerò solo a comprare da un vecchietto semi invisibile, seduto sotto un muretto, mentre mangia un pane arabo. Prendo sei scarabei ed un braccialetto. Il resto della popolazione turistica trascorre molto tempo ad usare cellulari e videocamere. Mi fa effetto come ai concerti ormai molte persone stiano col braccio in su a riprendere i cantanti. Forse il nostro modo di costruirci una piramide è fare continuamente foto di quello che è il presente, assenti dal viverlo.
Al museo storico del Cairo (in fase di transizione a quello proprio a Gizah) le stesse difficoltà organizzative: molti oggetti ammucchiati, scarse informazioni all'ingresso e nelle sale, antichità di 3000 anno alla portata di turisti che le palpano come fossero frutta per sentire se è matura. Nessun sistema di aerazione interno eccetto le sale di Tutankhamon e di un altro faraone. Le teche risalgono a tempi troppo lontani per ricordarsi cosa significhi trasparente. Nonostante questo riusciamo a fare le nostre considerazioni.
Finte porte in pietra alte 5 metri che erano poste nelle tombe per permettere l'accesso all'oltre mondo. I segni del potere dei faraoni concentrati nel prolungamento del mento.
Statue di faraoni affiancate dal dio sciacallo della morte e dal dio Horus, civetta che accompagna il morto verso la sua definitiva gloria. Volti di nemici sconfitti, ritratti in pietra, come sgabello per i piedi dei faraoni che li aveva sottomessi (lo ricordano anche i salmi questo atteggiamento verso i nemici). Geroglifici e disegni che riempono le tavole di pietra come Jacovitti riempiva di oggetti le due vignette. Nani e coppie di coniugi riuniti nel loro transito.
Dopo il putiferio di umanità al Suq, rientriamo a casa molto accaldati e stanchi. Nel frattempo il traffico è di nuovo ai suoi livelli soliti e il mio sguardo a concentrarsi al nostro percorso tra le macchine. E a quante schiavitù ancora percorrono il nostro mondo.
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