Giorno di viaggio il primo. La Lufthansa ricicla aerei vintage per portarci al Fortefranco e poi nella notte al nostro Cairo. I voli indossano mezza veste per distinguersi dal confort dei voli economici (bagaglio a mano e 30 cc d'acqua compresi nel prezzo ma il resto si paga! La seconda tratta prevede un po' di più: tramezzino di mezzanotte con fetta di formaggio e salsa piccante di pomodoro e olive, di indubbia funzione tattica per tenere bloccato lo stomaco lontano dalla sua stessa fame). Però arriviamo! Spostiamo le lancette un'ora avanti, qualche sbaglio di VISA alla frontiera, recuperiamo le valigie e alle 4,15 circa siamo fuori. Ed è in quella prima folata di aria calda che può anche non farti sudare, ma si condensa come una invisibile tuta, che posso dire con gioia: "ecco Il Cairo!". Mi accoglie come sempre, come più di trent'anni fa: paludoso, vivo, strabordante e manifesto, eppure sorprendente e a tratti denso umano mistero. Ahmed ci attende tra centinaia di persone che pure loro attendono qualcuno. Non importa se lo conoscono, purché abbia bisogno del taxi. E alle 5 del mattino ne hai davvero bisogno. Il messaggio diceva "verrà a prendervi Ahmed, avrà un cartello con scritto COMBONI SISTERS". Lo incrociamo in un attimo, se non altro perché è l'unico con un foglio stampato e non scritto in caratteri latini da chi è abituato a scrivere in arabo. Qualcuno lo dirà di noi uscendo dall'aeroporto "adesso tutte le scritte saranno in arabo!" E anche le voci, i muri, le case. Ma non tutto è scritto in arabo. Alcuni luoghi hanno la doppia indicazione, e alcuni metodi di governo hanno la sicura provenienza da altre storie, precedenti il presente dell'Egitto di oggi, e non sempre con l'aria puramente nordafricana. E siamo qui per riprendere dove c'eravamo lasciati, nel 2010, l'anno che ha preceduto le primavere arabe. Anni durante i quali l'Egitto ha provato a cambiare corpo e pelle. Ma su questo dovremo ascoltare, sentire e attendere (un po' come il vangelo di oggi di Matteo 13,24-30).
È caldo, e partiamo a finestrini spiegati, cioè aperti per cogliere tutta l'aria possibile.
Grandi murales ci accompagnano in ingresso città, per i grandi viali che si iniettano verso il centro. Raccontano storie, a volte gentili raffiguranti il Nilo, altre sono segni di potere con ricordi ormai davvero lontani di singole battaglie vinte oppure capi di stato nell'atto di governare (antichi egizi, imperatori romani, capi di governo, Gigi l'imbianchino, il celebrante Virgilio online, etcetcetc, chi non ama raffigurarsi mentre esegue al meglio il proprio lavoro? Sono messaggi importanti per chi gira per le strade e riduce al minimo il suo criterio di giudizio). E tutto questo procede ai nostri occhi mescolato ad altri volti di fine millennio e di successo presente, Starbucks MacDonald Amazon. Pecunia non olet.
Ad un certo punto Ahmed gira e scende. È un uomo tra i trenta e i quaranta, ben piazzato, dai modi semplici e tutti dedicati a noi che sta trasportando. Infatti entra in una via laterale, come si atterra da via indipendenza per arrivare dietro piazza verdi, nelle oscure vie dei Bibbiena, degli odori Acri, dei santi Sigismondi. Piccoli cumuli di macerie ogni tanto sui lati, spazzatura, detriti, cani randagi che ci guardano o ci abbaiano o seguono il loro alpha.
In quella via la luce di un negozietto mostra dei frigo, e compra per noi dell'acqua fresca. Ritorna ci consegna le bottiglie poi si mette a sedere rientrando in auto e attinge dalla sua un po' di fresco, passa sulla fronte la spalla col maglione a bande larghe di colori scuri, anonimi, per asciugarsi, sistema i grandi occhiali e riparte. Intanto la mia bottiglietta ha formato una patina gelata di condensa che la rende scivolosa. Mentre usciamo dalla via laterale un cane ci segue e si rassicura abbaiando che stiamo per uscire dal suo territorio.
Riprendiamo la nostra direzione e torniamo al buio illuminato della via principale come rassicurati protagonisti di una favola sul sentiero maestro.
Una moto ci affianca, due ospiti sopra, veloci come noi, chiedono info per una strada, il nostro gli spiega in pochi secondi e ci sorpassano, giovani con il sorriso di chi ha compreso la sua strada.
Sono le 4.40 e tutto scorre veloce, la città non conosce momenti di sosta. La differenza con il giorno è la quantità non la qualità della vita. Giorno o notte la vita continua.
Fiancheggiamo appostamenti militari blindati, lunghe caserme come fossero colme di soldati. E i ponti e le sopraelevate si abbracciano di continuo: così sopperiscono al traffico lavorativo. Persone singole ogni tanto sulla strada senza mezzi appaiono, a volte nel buio sorprendono. L'ocra del Cairo si intravede già sui muri e nell'aria senza fiato bellicoso ci invita a prendere anche noi consapevolezza di questi colori.
Moschee illuminate come lo sono alle nostre saghe paesane le parrocchie con le luminarie. Manca la banda, ma l'invito alla preghiera è qualcosa di più spirituale.
A un certo punto fiancheggiamo la cittadella con la grande moschea accesa come un grande monumento, un anziano da onorare e perciò tenuto al centro. Il cielo grigio violato dalla luce della città reagisce riflettendo un che di porpora e alla luce dei lampioni si vede l'umido attraversato dalla luce come una lama potrebbe in una gelatina diafana. Accidenti io ci vivrei qua!
Odori di cose bruciate mentre saliamo il mokattam. E odori di scarico e di fogna. È come salire a fatica, esattamente come fatica la macchina che ci porta, e Ahmed ogni tanto scala per non farla fermare. Bande di cani ancora abbaiano alle auto di passaggio. Incrociamo un'auto con ruote bucate e una moto spinta a braccia da due. Saliamo ancora. Per entrare nei quartieri ci sono fragili strettoie con militari distratti ma presenti. Arriviamo infine, congediamo in modo rapido il nostro autista.
Dopo colloquio con suor Salaam delle comboniane, tutto e quattro nelle stanze a riposare. Una doccia e sono già le 5.40, è il momento in cui l'abbaio nevrotico deve cedere al canto degli uccellini che popolano gli alberi. Non ce ne sono tanti, di alberi, e sono frequenti più o meno come gli appartamenti disponibiliper studenti a Bologna.
Una casa di ritiri, ecco dove siamo, ma ora col caldo si preferisce andare al mare (più o meno dice Se.Salaam) ed è disponibile per noi in queste settimane.
Devo riposare un po' anche io. Da un pezzo il 22 luglio si è fatto 23, è domenica (sono già riuscito a visitare la cappellina). Spengo la luce, sento la ventola che fatica ma mi ossigena abbastanza per cadere in un sonno breve.
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