“Un ordine terrestre stabile si può forse instaurare solo se l’uomo conserva viva coscienza di ciò che si può chiamare la sua condizione itinerante; cioè se egli ha continuamente presente che gli tocca aprirsi una strada difficile attraverso i blocchi erratici di un universo in frantumi che da ogni parte sembra sfuggirsi, verso un mondo più saldamente costituito nell’essere, di cui non gli è dato di percepire quaggiù che mutamenti e incerti riflessi” (tratto da HOMO VIATOR di Gabriel Marcel)
Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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lunedì 23 marzo 2020
23 marzo 2020 VIANDANTI (commento a Gv 4, 43-54)
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
Il funzionario che Gesù incontra, che lo sta cercando, ha il figlio in fin di vita. Non fa professione di fede se non questa “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia”.
Eppure sono queste le parole a cui Gesù reagisce: alla faccia di noi che immaginiamo Dio, anziano barbone che annuisce mentre gli recitiamo davanti la professione di fede con tutti i concetti perfettamente espressi e avviluppati nella nostra archivistica ragione!
Va! Tuo figlio vive!
Vengono annotate due volte dall’evangelista, perché divengono punto di partenza e di arrivo del funzionario, che entra nel cammino, inizia ad essere pellegrino. Si fida delle parole e inizia a camminare. Non era vicina la sua casa, perché prima ancora di arrivare gli vengono incontro i suoi servi e gli parlano di uno “Ieri”. Chissà quanto aveva camminato per incrociare Gesù! Forse il pellegrinaggio era iniziato anche prima? Da quanto tempo aveva lasciato casa e figlio morente? Da quanti giorni, poi, covava nel suo cuore quella voce: “Mio figlio sta morendo. Farà così, andrò da lui e gli dirò: Scendi a guarire mio figlio, perché sta morendo. Signore, Scendi, prima che muoia!”.
Torna quella voce quando il funzionario comprende che il figlio è sanato, e riconosce che tutto era avvenuto in “quell’ora” in cui Gesù aveva parlato!
Siamo in attesa della Pasqua, stiamo vivendo anche noi dentro questa preghiera, mentre proviamo, ascoltando numeri e tendenze, a razionalizzare la comprensione di questa epidemia. Magari vale la pena specchiarsi in questo pellegrino alla ricerca di quell’ora in cui Gesù parla. Con Marcel si potrebbe dire che qui si tratta di riconsegnare l’uomo alla sua dimensione di interiorità, la sua condizione itinerante, di fronte al mistero che gli dona un senso. Anche in questi giorni.
Sorelline e fratellini, torniamo viandanti!
Donde
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