Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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giovedì 24 gennaio 2019
Splende la pioggia, ma che fai? (23 gennaio 2019 Mapanda crossing 2)
Mi sono stati promessi lavori concreti oggi, se voglio guadagnarmi il pane in missione. Mi sembra che don Enrico abbia precorso i tempi dell'attuale presidente tanzaniano che è stato eletto con la parola d'ordine HAPA KAZI TU (=qui si lavora e basta!). Direi che questo è il pensiero del parroco ben prima del 2015. Mi adeguo.
All'alba le lodi con le suore (Agnes, Delfina, Dorotea e Valentina, arrivata da pochi mesi) ed il canto delizioso dei salmi in swahili ci dona le coordinate: chi siamo e dove ci troviamo. E poi la colazione, con le sue felici schermaglie per riprendersi dalla stanchezza dei due giorni trascorsi: oggi appoggiamo davvero i piedi sul suolo del paese che ci ospita e nella parrocchia che ci accoglie. Iniziamo a stare a Mapanda. "Onde, quanto mangi?". Si! Sono a Mapanda!
Purtroppo nel 2018 non sono riuscito a passare qua durante il viaggio missionario estivo. Uscendo dalla casa dei padri, anche al primo sguardo molto cose sono cambiate. Alla sinistra, guardando ad est, di fronte ai due malazi ed al grande salone, scavando nella collina, sono stati allargati gli spazi che danno più respiro agli edifici. Ad ovest ormai smantellato il pollaio e altre piccole strutture si è dato spazio ad un recinto che delimita i lavori per la futura chiesa. L'asilo parrocchiale, poco oltre sulla strada che conduce verso il villaggio, quasi ultimato, emette già sillabari infantili che i bimbi ripetono fedeli come un'eco, gridati come un gioco. Dietro la cucina gli operai tagliano il legname per il fuoco. Più tardi don Enrico in cerca di collegamenti elettrici funzionanti, attiva una sega elettrica da tavolo e fa paura la sua tagliente vibrazione messa alla prova con un ramo che in pochi secondi diventa...sei rami.
Io seguirò la posa dei cavi. Ma prima scappo dalle api. Sul tank c è un nido e le alate lavoratrici sono particolarmente sulla difensiva. Solo che una mi si pianta nel cappuccio e più corro più me la sento addosso. In casa provano a tranquillizzarmi."non c è niente onde!". Falso. Mi sfilo la felpa al volo e finalmente lei si libera, fa un giro nell'ingresso, poi se ne esce come se fosse un esercito vincitore. Noi la seguiamo da lontano.
Adesso raggiungo don Enrico e don Marco che lavorano sotto. Con Enrico mi metto alla posa dei cavi per rendere controllabile l'accensione da sopra del pozzo che si trova a oltre 150 metri nella valle e pesca acqua dal locale torrente. Nonostante il mio attivissimo senso pratico, riusciamo a posare nel tubo la prima parte del cavo. Appena in tempo per il guadagnato pranzo.
Nel pomeriggio raggiungiamo la chiesa storica di Mapanda per celebrare la messa. Un vento forte preannuncia la pioggia. Un vento che però accende gli alberi di ogni movimento e aiuta a tornare a desiderare.
Iniziamo la celebrazione. La liturgia prevede il commento condiviso delle scritture. La porta della chiesa rimane sempre aperta e noi vediamo fuori. Ma osservata nella sua luce vitale sembra piuttosto una finestra rivolta dentro, su di noi, perché il mondo possa guardare cosa avviene e qualche parola o briciola del pane spezzato cadere dalla nostra mensa per chi ha fame. Oggi nella lettura sentiamo di un dio geloso, che ha fame di un popolo da nutrire lui stesso con la pace, e che invece pratica l'ingiustizia e la menzogna. Un bimbo di pace arriverà, è una promessa!
Iniziamo poi un incontro tra noi, interrotto per la cena presso i fratelli e sorelle della visitazione: oggi è il compleanno di don Giovanni e come per pranzo, festeggiamo e bene grazie alla cucina di Angela. Rilassati e riempiti anche del pane terreno (e qualche dolce!) rientriamo a casa. Ormai il temporale sta sfogando i suoi ultimi umori, mentre i lampi pur allontanandosi restano grevi della loro pesante minaccia. Ma di fronte a questo spettacolo terribile non si può non voltare lo sguardo e osserviamo le feritoie che per qualche istante squarciano il cielo.
I padri vanno a riposare, noi ancora servi di un orario legale italiano ci attardiamo in un bel dialogo tra preti. (E fate poca ironia, grazie!). Poi: ora lascia o Signore che il servo vada in pace...
D Francesco ondedei
All'alba le lodi con le suore (Agnes, Delfina, Dorotea e Valentina, arrivata da pochi mesi) ed il canto delizioso dei salmi in swahili ci dona le coordinate: chi siamo e dove ci troviamo. E poi la colazione, con le sue felici schermaglie per riprendersi dalla stanchezza dei due giorni trascorsi: oggi appoggiamo davvero i piedi sul suolo del paese che ci ospita e nella parrocchia che ci accoglie. Iniziamo a stare a Mapanda. "Onde, quanto mangi?". Si! Sono a Mapanda!
Purtroppo nel 2018 non sono riuscito a passare qua durante il viaggio missionario estivo. Uscendo dalla casa dei padri, anche al primo sguardo molto cose sono cambiate. Alla sinistra, guardando ad est, di fronte ai due malazi ed al grande salone, scavando nella collina, sono stati allargati gli spazi che danno più respiro agli edifici. Ad ovest ormai smantellato il pollaio e altre piccole strutture si è dato spazio ad un recinto che delimita i lavori per la futura chiesa. L'asilo parrocchiale, poco oltre sulla strada che conduce verso il villaggio, quasi ultimato, emette già sillabari infantili che i bimbi ripetono fedeli come un'eco, gridati come un gioco. Dietro la cucina gli operai tagliano il legname per il fuoco. Più tardi don Enrico in cerca di collegamenti elettrici funzionanti, attiva una sega elettrica da tavolo e fa paura la sua tagliente vibrazione messa alla prova con un ramo che in pochi secondi diventa...sei rami.
Io seguirò la posa dei cavi. Ma prima scappo dalle api. Sul tank c è un nido e le alate lavoratrici sono particolarmente sulla difensiva. Solo che una mi si pianta nel cappuccio e più corro più me la sento addosso. In casa provano a tranquillizzarmi."non c è niente onde!". Falso. Mi sfilo la felpa al volo e finalmente lei si libera, fa un giro nell'ingresso, poi se ne esce come se fosse un esercito vincitore. Noi la seguiamo da lontano.
Adesso raggiungo don Enrico e don Marco che lavorano sotto. Con Enrico mi metto alla posa dei cavi per rendere controllabile l'accensione da sopra del pozzo che si trova a oltre 150 metri nella valle e pesca acqua dal locale torrente. Nonostante il mio attivissimo senso pratico, riusciamo a posare nel tubo la prima parte del cavo. Appena in tempo per il guadagnato pranzo.
Nel pomeriggio raggiungiamo la chiesa storica di Mapanda per celebrare la messa. Un vento forte preannuncia la pioggia. Un vento che però accende gli alberi di ogni movimento e aiuta a tornare a desiderare.
Iniziamo la celebrazione. La liturgia prevede il commento condiviso delle scritture. La porta della chiesa rimane sempre aperta e noi vediamo fuori. Ma osservata nella sua luce vitale sembra piuttosto una finestra rivolta dentro, su di noi, perché il mondo possa guardare cosa avviene e qualche parola o briciola del pane spezzato cadere dalla nostra mensa per chi ha fame. Oggi nella lettura sentiamo di un dio geloso, che ha fame di un popolo da nutrire lui stesso con la pace, e che invece pratica l'ingiustizia e la menzogna. Un bimbo di pace arriverà, è una promessa!
Iniziamo poi un incontro tra noi, interrotto per la cena presso i fratelli e sorelle della visitazione: oggi è il compleanno di don Giovanni e come per pranzo, festeggiamo e bene grazie alla cucina di Angela. Rilassati e riempiti anche del pane terreno (e qualche dolce!) rientriamo a casa. Ormai il temporale sta sfogando i suoi ultimi umori, mentre i lampi pur allontanandosi restano grevi della loro pesante minaccia. Ma di fronte a questo spettacolo terribile non si può non voltare lo sguardo e osserviamo le feritoie che per qualche istante squarciano il cielo.
I padri vanno a riposare, noi ancora servi di un orario legale italiano ci attardiamo in un bel dialogo tra preti. (E fate poca ironia, grazie!). Poi: ora lascia o Signore che il servo vada in pace...
D Francesco ondedei
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