Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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lunedì 26 marzo 2018

«cari giovani, sta a voi la decisione di gridare». (Papa Francesco ai giovani nella domenica delle Palme)

Arrivato al centro di piazza San Pietro, ai piedi dell’obelisco, il Papa benedice le palme e gli ulivi prima di celebrare la Messa che apre la Settimana santa e alla quale prendono parte giovani di Roma e di altre diocesi in occasione della ricorrenza diocesana della XXXIII «Giornata Mondiale della Gioventù». La Celebrazione delle Palme, infatti, coincide con la Gmg. «Far tacere i giovani è una tentazione che è sempre esistita - sostiene Jorge Mario Bergoglio - Gli stessi farisei se la prendono con Gesù e gli chiedono di calmarli e farli stare zitti. Ci sono molti modi per rendere i giovani silenziosi e invisibili - sottolinea il Pontefice nell’omelia pronunciata dopo la proclamazione della Passione del Signore secondo Matteo -Molti modi di anestetizzarli e addormentarli perché non facciano “rumore”, perché non si facciano domande e non si mettano in discussione. Ci sono molti modi di farli stare tranquilli perché non si coinvolgano e i loro sogni perdano quota e diventino fantasticherie rasoterra, meschine, tristi».


Perciò, in questa Domenica delle Palme, celebrando la Giornata Mondiale della Gioventù sul tema «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio», «ci fa bene ascoltare la risposta di Gesù ai farisei di ieri e di tutti i tempi». E cioè «Se questi taceranno, grideranno le pietre».

Quindi, raccomanda Jorge Mario Bergoglio, «cari giovani, sta a voi la decisione di gridare, sta a voi decidervi per l’Osanna della domenica così da non cadere nel “crocifiggilo!” del venerdì e sta a voi non restare zitti. Se gli altri tacciono, se noi anziani e responsabili stiamo zitti, se il mondo tace e perde la gioia, vi domando: voi griderete? Per favore, decidetevi prima che gridino le pietre».

Il Papa riflette sul Vangelo della domenica. «Guardare la croce significa lasciarsi interpellare nelle nostre priorità, scelte e azioni - puntualizza - Significa lasciar porre in discussione la nostra sensibilità verso chi sta passando o vivendo un momento di difficoltà. Che cosa vede il nostro cuore? Gesù continua a essere motivo di gioia e lode nel nostro cuore oppure ci vergogniamo delle sue priorità verso i peccatori, gli ultimi e i dimenticati?».

Dunque, «cari giovani, la gioia che Gesù suscita in voi è per alcuni motivo di fastidio e di irritazione, perché un giovane gioioso è difficile da manipolare», spiega Francesco. «Gesù entra in Gerusalemme - afferma - La liturgia ci ha invitato a intervenire e partecipare alla gioia e alla festa del popolo che è capace di gridare e lodare il suo Signore; gioia che si appanna e lascia un sapore amaro e doloroso dopo aver finito di ascoltare il racconto della Passione».

In questa Celebrazione, secondo Francesco, «sembrano incrociarsi storie di gioia e di sofferenza, di errori e di successi che fanno parte del nostro vivere quotidiano come discepoli, perché riesce a mettere a nudo sentimenti e contraddizioni che oggi appartengono spesso anche a noi, uomini e donne di questo tempo: capaci di amare molto e anche di odiare e molto, capaci di sacrifici valorosi e anche di saper “lavarcene le mani” al momento opportuno; capaci di fedeltà ma anche di grandi abbandoni e tradimenti». E, aggiunge il Papa, «si vede chiaramente in tutta la narrazione evangelica che la gioia suscitata da Gesù è per alcuni motivo di fastidio e di irritazione».

Infatti, «Gesù entra in città circondato dalla sua gente, circondato da canti e grida chiassose». Infatti «possiamo immaginare che è la voce del figlio perdonato, del lebbroso guarito o il belare della pecora smarrita che risuona forte in questo ingresso». Inoltre, prosegue il Pontefice, è «il canto del pubblicano e dell’impuro; è il grido di quello che viveva ai margini della città». È «il grido di uomini e donne che lo hanno seguito perché hanno sperimentato la sua compassione davanti al loro dolore e alla loro miseria». È «il canto e la gioia spontanea di tanti emarginati». Toccati da Gesù, possono gridare: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore!». Perciò «come non acclamare Colui che aveva restituito loro la dignità e la speranza? È la gioia di tanti peccatori perdonati che hanno ritrovato fiducia e speranza».

Ma, sottolinea il Papa, «questa gioia osannante risulta scomoda e diventa assurda e scandalosa per quelli che si considerano giusti e “fedeli” alla legge e ai precetti rituali». Una «gioia insopportabile per quanti hanno bloccato la sensibilità davanti al dolore, alla sofferenza e alla miseria». Gioia «intollerabile per quanti hanno perso la memoria e si sono dimenticati di tante opportunità ricevute». Così «nasce il grido di colui a cui non trema la voce per urlare: “Crocifiggilo!”. Non è un grido spontaneo, ma il grido montato, costruito, che si forma con il disprezzo, con la calunnia, col provocare testimonianze false». È «la voce di chi manipola la realtà e crea una versione a proprio vantaggio e non ha problemi a “incastrare” altri per cavarsela». Il grido di chi «non ha scrupoli a cercare i mezzi per rafforzare sé stesso e mettere a tacere le voci dissonanti». È il grido che «nasce dal “truccare” la realtà e dipingerla in maniera tale che finisce per sfigurare il volto di Gesù e lo fa diventare un “malfattore”, è la voce di chi vuole difendere la propria posizione screditando specialmente chi non può difendersi».

È’ il grido «fabbricato dagli “intrighi” dell’autosufficienza, dell’orgoglio e della superbia che proclama senza problemi: “Crocifiggilo, crocifiggilo!” e così alla fine si fa tacere la festa del popolo, si demolisce la speranza, si uccidono i sogni, si sopprime la gioia, così alla fine si blinda il cuore, si raffredda la carità». È «il grido del “salva te stesso” che vuole addormentare la solidarietà, spegnere gli ideali, rendere insensibile lo sguardo». Il grido che «vuole cancellare la compassione». Di fronte a tutte queste voci urlate, «il miglior antidoto è guardare la croce di Cristo e lasciarci interpellare dal suo ultimo grido». Infatti, avverte Francesco, «Cristo è morto gridando il suo amore per ognuno di noi: per giovani e anziani, santi e peccatori, amore per quelli del suo tempo e per quelli del nostro tempo».


Sulla sua croce «siamo stati salvati affinché nessuno spenga la gioia del vangelo; perché nessuno, nella situazione in cui si trova, resti lontano dallo sguardo misericordioso del Padre». Ma «esiste in questo giorno la possibilità di un terzo grido». E cioè «alcuni farisei tra la folla gli dissero: “Maestro, rimprovera i tuoi discepoli”, ed Egli rispose: “Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”».   

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