Era più timido del suo collega, che spesso chiedeva anche qualche chai o qualche mancia in più. Non ho ritrovato nessuno dei due. C'è solo un nuovo guardiano col vecchio fucile di sempre. Le armi non invecchiano?!?
Dodoma non si sveglia d'improvviso tutta insieme. Le canzoni coi jingle ossessivi durano parecchio nella notte, sembrano quasi un ricordo di un sogno: frammentato, senza senso, lasciandoti un proprio peso nell'umore del giorno. Poi alle 5 la prima chiamata per la preghiera coi megafoni delle moschee. Alle 6 una, due campane suonano, ma qualcuno era già sveglio.
Passiamo buona parte del giorno a visitare i progetti della ONG locale del Kisedet (trovate su internet migliori info che potrei qui descrivere). Alcuni temi hanno scottato un po' il gruppo.
Come aiutiamo l'Africa? In che modo stiamo sostenendo altri paesi nel mondo?
Ci sono criticità sempre, ma aiutare non è qualcosa che si fa col bilancino. Vero! Ma la vera difficoltà è che aiutiamo senza fidarci sul serio. Senza chiedere se quello e quanto portiamo, sia proporzionato e sia utile. Se vengo per costruire una scuola portando tutto dall'Italia, e con la stessa cifra, a fianco del governo locale, ne avrei costruite almeno una decina, qualche domanda dovrei farmela? Dovrei dire lo stesso per le chiese?
Così pure le ONG, nel momento in cui iniziano a preoccuparsi più di sopravvivere che di portare avanti il senso per cui erano nate!
Non si dice: tutto giusto o tutto sbagliato. Ma siamo ad un punto della storia umana in cui davvero dovremmo cominciare a dire: facciamo insieme. Ed iniziare a parlare di soggetti coinvolti senza intendere implicitamente che però il soggetto più importante è uno (pago io, io decido) e gli altri sono solo oggetto del mio aiuto. Lo vedo anche a Bologna: quanto aiuto dato a senza dimora e migranti fatto da cristiani che però pretendono il grazie e che gli vada bene quello che gli diamo altrimenti tornino a casa loro!
Trattati come oggetto, quando sembra di averne troppi allora si comincia a mormorare. Non si cerca più la sicurezza evangelica, ma la sicurezza bis...ciona!
E così da Dodoma, una città che pochi a leggermi vedranno mai nella vita, io capisco un po' di più il motivo per cui qualche anno fa Papa Francesco sia andato ad aprire anzitempo l'anno giubilare della misericordia a Bangui.
"Vorrei osservare che spesso non si ha chiara consapevolezza dei problemi che colpiscono particolarmente gli esclusi. Essi sono la maggior parte del pianeta, miliardi di persone. Oggi sono menzionati nei dibattiti politici ed economici internazionali, ma per lo più sembra che i loro problemi si pongano come un’appendice, come una questione che si aggiunga quasi per obbligo o in maniera periferica, se non li si considera un mero danno collaterale. Di fatto, al momento dell’attuazione concreta, rimangono frequentemente all’ultimo posto.
Questo si deve in parte al fatto che tanti professionisti, opinionisti, mezzi di comunicazione e centri di potere sono ubicati lontani da loro, in aree urbane isolate, senza contatto diretto con i loro problemi. Vivono e riflettono a partire dalla comodità di
uno sviluppo e di una qualità di vita che non sono alla portata della maggior parte della popolazione
mondiale. Questa mancanza di contatto fisico e di incontro, a volte favorita dalla frammentazione del-
le nostre città, aiuta a cauterizzare la coscienza e a ignorare parte della realtà in analisi parziali. Ciò
a volte convive con un discorso “verde”. Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un
vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni
sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri." (LAUDATO SI n. 49)
d.onde
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