Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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giovedì 8 agosto 2019
VUT 10: alla deriva (8 agosto 2019)
Nane nane! Sembra il saluto di Mork, invece indica la data odierna: 8/8, festa nazionale dell'agricoltura. Da qualche parte in Tanzania ci sarà una fiera dove viene mostrata tutta la capacità di produzione alimentare del paese.
Anni fa mi capitò di vederla a Dodoma. Mi ricordo i campi dimostrativi con ogni tipo di vegetale commestibile del paese. C'era pure uno zoo! Ho visto i condor, le iene, un ghepardo ed un leone dalla performance annoiata. Anche dei colibrì che pensavo fossero solo in Brasile. Nessun bradipo. Fiere simili se ne facevano anche a Pesaro per San Terenzio in settembre, poi ora ci sono solo bancarelle. Per i bimbi è sufficiente!
Nane nane: vuol dire che oggi tutto è chiuso, tutti sono in ferie, scuole chiuse. Così adottiamo un po di strategia del riposo ed il gruppo inizia a fantasticare della parte del viaggio in cui inizieranno a procedere in piccoli gruppi. Vedere qualcuno che progetta, i desideri che cercano di avere un precipitato solido, reale, concreto, è un contagio positivo per la speranza di chiunque. Anche la mia.
Sono seguite due tappe di bellezza, nomi così veri, nomi così profondi, nomi che non so pronunciare.
Orfanotrofio: bimbi che vengono affidati alle suore fino ai 5 anni e poi rientrano in famiglia. Se non sono scomparsi i parenti rimasti. Morta la mamma di parto, un padre ha consegnato la figlia e fino ad ora non si è più fatto vivo. Lei ha superato i 2 anni. Un altro padre è rimasto con due gemelle, una è albina. Dice che non è sua. Una è rimasta con lui, l'altra si trova dalle suore. E poi c'è Rehema, chiamiamola così. Sordomuta. Rispondeva al mondo, a noi, muovendo le dita delle sue mani, come a suonare una tastiera invisibile. Il vestito viola, un pezzo solo, con un corto sfarfallio di stoffa che le girava tutto intorno all'altezza della vita, come una ruota da ballerina. Il volto precisamente attento a guardare tutt'intorno, a cogliere nei movimenti i suoni, le voci. Tanto attento da non lasciarmi interpretare l'espressione, sorridente o preoccupata, o soltanto assente. Seduta nel grembo di una ragazza del gruppo, stava con noi in cerchio. Finché ci siamo alzati e abbiano salutato. Lei e gli altri restano.
Pulmino e partiamo. Verso le rive del lago di Migoli. Inizio anni 80, su richiesta del governo tanzaniano, la COGEFAR costruisce la diga a Mtera. Crescono e si gonfiano i tre fiumi, invadono la valle, mozziconi di alberi spuntano ancora dalle acque, come a ricordare che tutto questo non era pensato, ma poi è successo. E il villaggio di Migoli aumenta di residenti, si può iniziare nuova vita come pescatori. Assomiglio' molto alla corsa all'oro. Ma senza oro. Il villaggio ha conosciuto momenti anche più confusi, più violenti, un tasso tra i più alti di HIV positivo. Non si fanno tanti soldi, e come chi li possiede, non hanno radici solide e si consumano in breve. Soldi e vite. Ora non è più così. Sono rimaste solo la durezza del mestiere e la povertà (alcuni si improvvisano contadini sulla riva del lago, ci dormono per evitare che gli ippopotami nella notte vengano a rubare il raccolto, ed ora gli viene chiesto di allontanarsi perché l'uso dell'acqua potrebbe diminuire il bacino in uso dalla centrale idroelettrica "come dare da mangiare alla mia famiglia?"). Andiamo al lago per vedere il tramonto mozzafiato, andiamo alle rive dell'inquinamento. Da un lato, faccio notare la bellezza, che è di tutti, montagne, alberi, lago, sole, trampolieri in acqua e cani a zonzo in cerca di qualche scarto commestibile. Persone a fermare le ultime cose del giorno: il vento si alza! Il bagno di qualcuno a fine giornata ravviva le acque di un senso quasi battesimale. Fino all'ultima luce, che le nostro foto non catturano, si lavora.
Ma prima dell'ultima luce chiedo a tutto il gruppo di voltarsi ed accorgersi di quanta plastica il vento dal villaggio spinge su questa riva. Poco alla volta il varo di una nave a pezzi, plastica gettata, finirà giorno dopo giorno nel lago. Si chiama inquinamento. Quando ne senti parlare, in fondo non ci credi. Politicamente secondario, influisce le scelte dei governanti solo per emergenze. Ma qui lo vedi, con potenza e arroganza muoversi come un mostro a pezzi, ciascuno letale, ciascuno autonomo.
Alla deriva: come si potrebbe definire diversamente chi conosce la situazione ma si comporta come se non lo sapesse?
Ho fiducia che la bellezza del creato ci dia consapevolezza sufficiente: di ciò che ci viene affidato, non siamo proprietari. Mondo, persone. Rehema.
d.onde
Anni fa mi capitò di vederla a Dodoma. Mi ricordo i campi dimostrativi con ogni tipo di vegetale commestibile del paese. C'era pure uno zoo! Ho visto i condor, le iene, un ghepardo ed un leone dalla performance annoiata. Anche dei colibrì che pensavo fossero solo in Brasile. Nessun bradipo. Fiere simili se ne facevano anche a Pesaro per San Terenzio in settembre, poi ora ci sono solo bancarelle. Per i bimbi è sufficiente!
Nane nane: vuol dire che oggi tutto è chiuso, tutti sono in ferie, scuole chiuse. Così adottiamo un po di strategia del riposo ed il gruppo inizia a fantasticare della parte del viaggio in cui inizieranno a procedere in piccoli gruppi. Vedere qualcuno che progetta, i desideri che cercano di avere un precipitato solido, reale, concreto, è un contagio positivo per la speranza di chiunque. Anche la mia.
Sono seguite due tappe di bellezza, nomi così veri, nomi così profondi, nomi che non so pronunciare.
Orfanotrofio: bimbi che vengono affidati alle suore fino ai 5 anni e poi rientrano in famiglia. Se non sono scomparsi i parenti rimasti. Morta la mamma di parto, un padre ha consegnato la figlia e fino ad ora non si è più fatto vivo. Lei ha superato i 2 anni. Un altro padre è rimasto con due gemelle, una è albina. Dice che non è sua. Una è rimasta con lui, l'altra si trova dalle suore. E poi c'è Rehema, chiamiamola così. Sordomuta. Rispondeva al mondo, a noi, muovendo le dita delle sue mani, come a suonare una tastiera invisibile. Il vestito viola, un pezzo solo, con un corto sfarfallio di stoffa che le girava tutto intorno all'altezza della vita, come una ruota da ballerina. Il volto precisamente attento a guardare tutt'intorno, a cogliere nei movimenti i suoni, le voci. Tanto attento da non lasciarmi interpretare l'espressione, sorridente o preoccupata, o soltanto assente. Seduta nel grembo di una ragazza del gruppo, stava con noi in cerchio. Finché ci siamo alzati e abbiano salutato. Lei e gli altri restano.
Pulmino e partiamo. Verso le rive del lago di Migoli. Inizio anni 80, su richiesta del governo tanzaniano, la COGEFAR costruisce la diga a Mtera. Crescono e si gonfiano i tre fiumi, invadono la valle, mozziconi di alberi spuntano ancora dalle acque, come a ricordare che tutto questo non era pensato, ma poi è successo. E il villaggio di Migoli aumenta di residenti, si può iniziare nuova vita come pescatori. Assomiglio' molto alla corsa all'oro. Ma senza oro. Il villaggio ha conosciuto momenti anche più confusi, più violenti, un tasso tra i più alti di HIV positivo. Non si fanno tanti soldi, e come chi li possiede, non hanno radici solide e si consumano in breve. Soldi e vite. Ora non è più così. Sono rimaste solo la durezza del mestiere e la povertà (alcuni si improvvisano contadini sulla riva del lago, ci dormono per evitare che gli ippopotami nella notte vengano a rubare il raccolto, ed ora gli viene chiesto di allontanarsi perché l'uso dell'acqua potrebbe diminuire il bacino in uso dalla centrale idroelettrica "come dare da mangiare alla mia famiglia?"). Andiamo al lago per vedere il tramonto mozzafiato, andiamo alle rive dell'inquinamento. Da un lato, faccio notare la bellezza, che è di tutti, montagne, alberi, lago, sole, trampolieri in acqua e cani a zonzo in cerca di qualche scarto commestibile. Persone a fermare le ultime cose del giorno: il vento si alza! Il bagno di qualcuno a fine giornata ravviva le acque di un senso quasi battesimale. Fino all'ultima luce, che le nostro foto non catturano, si lavora.
Ma prima dell'ultima luce chiedo a tutto il gruppo di voltarsi ed accorgersi di quanta plastica il vento dal villaggio spinge su questa riva. Poco alla volta il varo di una nave a pezzi, plastica gettata, finirà giorno dopo giorno nel lago. Si chiama inquinamento. Quando ne senti parlare, in fondo non ci credi. Politicamente secondario, influisce le scelte dei governanti solo per emergenze. Ma qui lo vedi, con potenza e arroganza muoversi come un mostro a pezzi, ciascuno letale, ciascuno autonomo.
Alla deriva: come si potrebbe definire diversamente chi conosce la situazione ma si comporta come se non lo sapesse?
Ho fiducia che la bellezza del creato ci dia consapevolezza sufficiente: di ciò che ci viene affidato, non siamo proprietari. Mondo, persone. Rehema.
d.onde
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