Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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domenica 11 novembre 2018
In quali strade passa il futuro della nostra storia? (Ernesto Balducci - Commento alla XXXII Dom.T.O.)
11 NOVEMBRE 2018 – XXXII DOMENICA
TEMPO ORDINARIO – Anno B
La richiesta di poter vivere la fede in
modo meramente umano, il ripudio degli apparati sacrali, non nasce da
una forma di miscredenza ma da un accrescimento di fede, da un
bisogno di riportare la fede alla coerenza con le sue sorgenti
generative.
PRIMA LETTURA: 1 Re 17, 10-16- SALMO:
145- SECONDA LETTURA: Eb 9, 24-28- VANGEL0:2, 38-44
…La storia è lì a dimostrarlo:
quando c'è una organizzazione della società secondo i criteri di
distinzione, di gerarchia e, diciamo pure, di potere, sotto c'è
sempre anche una ragione economica, Nel Vangelo, con la sua
esemplificazione molto eloquente e a tutti accessibile, è chiamata
«sfruttamento delle vedove».
Il suo principio è infatti lo
sfruttamento delle povere cose delle creature senza potere. E proprio
li che si esercita l'azione di usurpazione. Lo vediamo ancoro oggi:
la legge della società è tale che quando essa perde i suoi
equilibri, le ripercussioni cadono soprattutto sulle vedove, cioè
sui poveri. Quando la fede mostra capacità di liberarsi dalla sua
prigione religiosa per diventare messaggio, come quello che ripetiamo
sempre con labbra impure: «beati i poveri, beati i miti...», e i
poveri si riappropriano della speranza, allora la piramide crolla.
Noi siamo in questi tempi.
La richiesta di poter vivere la fede in
modo meramente umano, il ripudio degli apparati sacrali, non nasce da
una forma di miscredenza ma da un accrescimento di fede, da un
bisogno di riportare la fede alla coerenza con le sue sorgenti
generative. È essenziale tenerlo presente. Il discorso che facciamo
qui fra noi è un discorso lievemente accademico, scontato, ma
pensate a quei luoghi della terra dove veramente la contrapposizione
tra una religione istituita, che si trova sempre alleata con i poteri
economici e politici, e una fede che rinasce dal basso è una
contrapposizione drammatica.
Teniamolo presente, perché forse le
nostre sorti non sono in mano di questa gente. Il futuro nostro non
ce lo creiamo da noi, che facciamo già tanta fatica per conservare
quel che abbiamo acquistato. Noi siamo interni alla lenta decadenza
di una porzione dell'umanità che ha fatto la storia e adesso usa le
unghie perché la storia non cambi.
Ma dentro di noi c'è già
l'ombra della morte. Il futuro passa altrove e passa per l’appunto
attraverso quelle regioni del mondo dove vivono gli esclusi, le
vedove, gli orfani, i poveri; cioè le categorie di quelli che non
hanno contato nulla. In quei luoghi vediamo che la religione sacrale
gioca contro le speranze, mentre la fede ritrova la sua sorgente nel
messaggio messianico di Gesù, si fa profondamente alleata con i
processi di liberazione umana.
Mi pare che il quadro evangelico sia
impietoso più di ogni nostra parola. E in questo quadro che allora
ritroviamo il tema di partenza. Noi non possiamo decidere del
significato della nostra esistenza soltanto proiettandolo sulle
strategie politiche universali, che sarebbe poi volere l'impossibile.
Abbiamo, certo, le occasioni per poter agire nel senso di quelle
strategie, però abbiamo innanzi tutto uno spazio privato che
dobbiamo riempire di questi stessi valori. Lo possiamo riempire di
questi valori una volta che decidiamo – ed ecco che i due episodi
della Scrittura tornano appropriati – di vivere secondo questa
legge.
Questa vedova che dà tutto quello che ha per l'ospite che
arriva, pronta poi a morire, vive una dimensione universale più che
non i pionieri o i vessilliferi delle rivoluzioni. La rivoluzione,
per esser vera, diciamocelo con forza, deve partire dalla sfera
privata, anche se la distinzione tra privato e pubblico è un altro
maleficio creato dalla cultura di cui siamo eredi.
In realtà la
legge e unica. Noi dobbiamo cominciare a vivere il cambiamento
modificando gli spazi privati delle nostre responsabilità.
modellandoli secondo il principio che ha più valore la liberazione
degli altri che la nostra. La nostra cultura, così ricca di fermenti
positivi e aperti al futuro, rischia di mettere1'accento. in modo
esagerato sulla difesa del diritto fino a legittimare in qualche
modo un impulso di tipo individualistico per cui appena uno ha
soddisfatto il suo diritto saluta tutti e si chiude nell'egoismo
privato.
Parlo sommariamente, ma forse non è difficile capire che
cosa è avvenuto anche nella nostra società dove certe spinte di
rinnovamento si attenuano perché ciascuno ha avuto il suo. La
necessità di ristabilire nel particolare le sorgenti dell'agire
universale, nel privato le sorgenti del cambiamento pubblico, è
perentoria: questo ci viene detto oggi. Non dividiamo la verità,
salviamola nella sua interezza.
Dobbiamo dare un giudizio, e agire di
conseguenza, contro le menzogne della società costituita ma torniamo
poi alla nostra sfera privata, perché non avvenga che quelli che
oggi gemono contro l'oppressore obbediscano invece al desiderio di
occupare il suo posto; che chi ce l'ha con i ricchi obbedisca
all'aspirazione di prendere il loro posto. Se così fosse, la scena,
la commedia - uso una parola pagana - continuerebbe. Si succedono le
persone ma i ruoli restano, come restano da millenni.
Ernesto Balducd – “I1 Vangelo della
pace" voi. 2 anno B
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