Messaggio per la giornata mondiale del rifugiato

GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO
Caritas, Missio e Migrantes insieme per educare a nuovi sguardi e prospettive sull’accoglienza
La giornata mondiale del Rifugiato è un’occasione importante per fermarci a riflettere su quanto il
nostro paese sta vivendo, in questo particolare tempo e su ciò che, le persone, le famiglie, le
comunità, la società ci chiedono come Chiesa.

Lo abbiamo fatto e continuiamo a farlo insieme: tre Uffici, a servizio delle nostre comunità
diocesane che, quotidianamente operano a fianco di persone profughe, richiedenti asilo politico e
rifugiate, nei luoghi di accoglienza e/o in missione. Stiamo parlando di situazioni molto diverse e
particolari: chi è nella nostra regione da tempo, chi invece è appena arrivato; chi è fuggito per
motivi economici, di salute, di fame, di disastri ambientali, altri a causa di guerre e conflitti,
violenze e intolleranze etniche. Sono tutte persone costrette a lasciare la loro terra, una umanità in
continuo cammino. Altre le incontriamo nei paesi di origine o in altri stati, dove sono accolti in
attesa di un futuro migliore. Alcuni possono usufruire di progetti governativi strutturati, altri sono
abbandonati a se stessi.
Sempre e unicamente persone alla ricerca di una vita dignitosa con le quali è importante
condividere le situazioni, affrontando anche timori e paure. Attraverso la conoscenza e il desiderio
di capire, elementi fondamentali ed indispensabili, si possono predisporre i passi ed i gesti di
prossimità che consentono un’accoglienza autentica e una successiva integrazione.
Ascolto, incontro, relazione, accompagnamento: sono passi preziosi e, ogni volta, unici che ci
permettono di porre le basi per un cammino di sostegno reciproco animando e formando le nostre
comunità, civili ed ecclesiali, al valore della vita, all’accoglienza, alla solidarietà nella fraternità.
Occorre educarci a fare spazio all’altro dentro noi stessi, a mettersi in dialogo, anche interreligioso,
perché ognuno possa sentirsi sollecitato e impegnato al fine di realizzare progetti di autonomia, in
un rapporto di reciprocità, valorizzando le risorse e le competenze di ognuno. Anche le logiche del
lavoro, spesso legate al profitto, allo sfruttamento e a interessi personali, vanno riviste e finalizzate
allo sviluppo integrale della persona.
Il cammino di discernimento compiuto in questi anni ha fatto maturare alcune scelte e proposte:
privilegiare modalità di accoglienza diffusa, di piccoli numeri, il più possibile attraverso una forme
di condivisione con il territorio, tenendo conto dei diversi aspetti urbanistici e socio culturali delle
nostre città e dei nostri paesi. E’ necessario incentivare processi nuovi, creativi, lungimiranti,
favorendo una cultura dell’incontro che ci aiuti a scoprire tutto il potenziale umano che si nasconde
anche in chi è più fragile e in difficoltà. Per questo è importante condividere percorsi di vita
personale e di partecipazione sociale, nel rispetto dei diritti e dei doveri di ciascuno. Serve un nuovo
quadro giuridico per accogliere quanti arrivano nel nostro paese e la sperimentazione
dell’attivazione di canali umanitari, già in atto da parte della CEI e di altre associazioni, va
strutturata e resa permanente da parte dello Stato. Senza trascurare di analizzare e approfondire le
cause di tali e tante migrazioni forzate, operando, ovunque sia possibile, per favorire e incentivare
processi di pace e sviluppo nei paesi di origine e la possibilità di poter migrare non forzatamente,
senza alternative, ma per scelta, senza il rischio di perdere la vita propria o quella di famigliari e
amici.
Soggetti privilegiati dell’accoglienza e del discernimento sono le Comunità: molte persone e
famiglie vivono esperienze di accoglienza oppure trascorrono periodi in missione. Tutto ciò nella
gratuità, testimoniando che si può fare, che è possibile starci, esserci, condividere un tratto di strada,parziale, con chi abbiamo l’opportunità e il privilegio di incontrare, affidandoci l’uno l’altro. Una
relazione di reciprocità autentica nella quale si potrebbe scoprire che è più quello che si riceve
rispetto a quanto si dà. Tante comunità si aprono all’accoglienza e sperimentano sguardi in
prospettiva che permettono di vedere la diversità da un'altra angolatura e di comprendere la
ricchezza di incontri autentici che aiutano a crescere e maturare insieme, rivedendo anche i nostri
stili di vita e le nostre priorità.
A questo proposito proponiamo che la lettera alle comunità cristiane della Commissione episcopale
per le Migrazioni della CEI, dal titolo: Comunità accoglienti – Uscire dalla paura, venga fatta
oggetto di studio e riflessione negli incontri formativi del clero, degli operatori pastorali, nei
consigli pastorali e nelle realtà associative.
Vorremmo terminare con le parole che papa Francesco ha pronunciato di fronte ai rifugiati dell’Hub
di Bologna, il 1 ottobre scorso, come monito e percorso per tutte le nostre comunità: “Molti non vi
conoscono e hanno paura”, questo li fa sentire in diritto di giudicare e di poterlo fare con durezza
e freddezza credendo anche di vedere bene. Non è così perché si vede bene solo con la vicinanza
che dà la misericordia. Senza questa, l’altro resta un estraneo, addirittura un nemico, e non può
diventare il mio prossimo

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