Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
Translate
martedì 19 giugno 2018
Messaggio per la giornata mondiale del rifugiato
GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO
Caritas, Missio e Migrantes insieme per educare a nuovi sguardi e prospettive sull’accoglienza
La giornata mondiale del Rifugiato è un’occasione importante per fermarci a riflettere su quanto il
nostro paese sta vivendo, in questo particolare tempo e su ciò che, le persone, le famiglie, le
comunità, la società ci chiedono come Chiesa.
Lo abbiamo fatto e continuiamo a farlo insieme: tre Uffici, a servizio delle nostre comunità
diocesane che, quotidianamente operano a fianco di persone profughe, richiedenti asilo politico e
rifugiate, nei luoghi di accoglienza e/o in missione. Stiamo parlando di situazioni molto diverse e
particolari: chi è nella nostra regione da tempo, chi invece è appena arrivato; chi è fuggito per
motivi economici, di salute, di fame, di disastri ambientali, altri a causa di guerre e conflitti,
violenze e intolleranze etniche. Sono tutte persone costrette a lasciare la loro terra, una umanità in
continuo cammino. Altre le incontriamo nei paesi di origine o in altri stati, dove sono accolti in
attesa di un futuro migliore. Alcuni possono usufruire di progetti governativi strutturati, altri sono
abbandonati a se stessi.
Sempre e unicamente persone alla ricerca di una vita dignitosa con le quali è importante
condividere le situazioni, affrontando anche timori e paure. Attraverso la conoscenza e il desiderio
di capire, elementi fondamentali ed indispensabili, si possono predisporre i passi ed i gesti di
prossimità che consentono un’accoglienza autentica e una successiva integrazione.
Ascolto, incontro, relazione, accompagnamento: sono passi preziosi e, ogni volta, unici che ci
permettono di porre le basi per un cammino di sostegno reciproco animando e formando le nostre
comunità, civili ed ecclesiali, al valore della vita, all’accoglienza, alla solidarietà nella fraternità.
Occorre educarci a fare spazio all’altro dentro noi stessi, a mettersi in dialogo, anche interreligioso,
perché ognuno possa sentirsi sollecitato e impegnato al fine di realizzare progetti di autonomia, in
un rapporto di reciprocità, valorizzando le risorse e le competenze di ognuno. Anche le logiche del
lavoro, spesso legate al profitto, allo sfruttamento e a interessi personali, vanno riviste e finalizzate
allo sviluppo integrale della persona.
Il cammino di discernimento compiuto in questi anni ha fatto maturare alcune scelte e proposte:
privilegiare modalità di accoglienza diffusa, di piccoli numeri, il più possibile attraverso una forme
di condivisione con il territorio, tenendo conto dei diversi aspetti urbanistici e socio culturali delle
nostre città e dei nostri paesi. E’ necessario incentivare processi nuovi, creativi, lungimiranti,
favorendo una cultura dell’incontro che ci aiuti a scoprire tutto il potenziale umano che si nasconde
anche in chi è più fragile e in difficoltà. Per questo è importante condividere percorsi di vita
personale e di partecipazione sociale, nel rispetto dei diritti e dei doveri di ciascuno. Serve un nuovo
quadro giuridico per accogliere quanti arrivano nel nostro paese e la sperimentazione
dell’attivazione di canali umanitari, già in atto da parte della CEI e di altre associazioni, va
strutturata e resa permanente da parte dello Stato. Senza trascurare di analizzare e approfondire le
cause di tali e tante migrazioni forzate, operando, ovunque sia possibile, per favorire e incentivare
processi di pace e sviluppo nei paesi di origine e la possibilità di poter migrare non forzatamente,
senza alternative, ma per scelta, senza il rischio di perdere la vita propria o quella di famigliari e
amici.
Soggetti privilegiati dell’accoglienza e del discernimento sono le Comunità: molte persone e
famiglie vivono esperienze di accoglienza oppure trascorrono periodi in missione. Tutto ciò nella
gratuità, testimoniando che si può fare, che è possibile starci, esserci, condividere un tratto di strada,parziale, con chi abbiamo l’opportunità e il privilegio di incontrare, affidandoci l’uno l’altro. Una
relazione di reciprocità autentica nella quale si potrebbe scoprire che è più quello che si riceve
rispetto a quanto si dà. Tante comunità si aprono all’accoglienza e sperimentano sguardi in
prospettiva che permettono di vedere la diversità da un'altra angolatura e di comprendere la
ricchezza di incontri autentici che aiutano a crescere e maturare insieme, rivedendo anche i nostri
stili di vita e le nostre priorità.
A questo proposito proponiamo che la lettera alle comunità cristiane della Commissione episcopale
per le Migrazioni della CEI, dal titolo: Comunità accoglienti – Uscire dalla paura, venga fatta
oggetto di studio e riflessione negli incontri formativi del clero, degli operatori pastorali, nei
consigli pastorali e nelle realtà associative.
Vorremmo terminare con le parole che papa Francesco ha pronunciato di fronte ai rifugiati dell’Hub
di Bologna, il 1 ottobre scorso, come monito e percorso per tutte le nostre comunità: “Molti non vi
conoscono e hanno paura”, questo li fa sentire in diritto di giudicare e di poterlo fare con durezza
e freddezza credendo anche di vedere bene. Non è così perché si vede bene solo con la vicinanza
che dà la misericordia. Senza questa, l’altro resta un estraneo, addirittura un nemico, e non può
diventare il mio prossimo
Caritas, Missio e Migrantes insieme per educare a nuovi sguardi e prospettive sull’accoglienza
La giornata mondiale del Rifugiato è un’occasione importante per fermarci a riflettere su quanto il
nostro paese sta vivendo, in questo particolare tempo e su ciò che, le persone, le famiglie, le
comunità, la società ci chiedono come Chiesa.
Lo abbiamo fatto e continuiamo a farlo insieme: tre Uffici, a servizio delle nostre comunità
diocesane che, quotidianamente operano a fianco di persone profughe, richiedenti asilo politico e
rifugiate, nei luoghi di accoglienza e/o in missione. Stiamo parlando di situazioni molto diverse e
particolari: chi è nella nostra regione da tempo, chi invece è appena arrivato; chi è fuggito per
motivi economici, di salute, di fame, di disastri ambientali, altri a causa di guerre e conflitti,
violenze e intolleranze etniche. Sono tutte persone costrette a lasciare la loro terra, una umanità in
continuo cammino. Altre le incontriamo nei paesi di origine o in altri stati, dove sono accolti in
attesa di un futuro migliore. Alcuni possono usufruire di progetti governativi strutturati, altri sono
abbandonati a se stessi.
Sempre e unicamente persone alla ricerca di una vita dignitosa con le quali è importante
condividere le situazioni, affrontando anche timori e paure. Attraverso la conoscenza e il desiderio
di capire, elementi fondamentali ed indispensabili, si possono predisporre i passi ed i gesti di
prossimità che consentono un’accoglienza autentica e una successiva integrazione.
Ascolto, incontro, relazione, accompagnamento: sono passi preziosi e, ogni volta, unici che ci
permettono di porre le basi per un cammino di sostegno reciproco animando e formando le nostre
comunità, civili ed ecclesiali, al valore della vita, all’accoglienza, alla solidarietà nella fraternità.
Occorre educarci a fare spazio all’altro dentro noi stessi, a mettersi in dialogo, anche interreligioso,
perché ognuno possa sentirsi sollecitato e impegnato al fine di realizzare progetti di autonomia, in
un rapporto di reciprocità, valorizzando le risorse e le competenze di ognuno. Anche le logiche del
lavoro, spesso legate al profitto, allo sfruttamento e a interessi personali, vanno riviste e finalizzate
allo sviluppo integrale della persona.
Il cammino di discernimento compiuto in questi anni ha fatto maturare alcune scelte e proposte:
privilegiare modalità di accoglienza diffusa, di piccoli numeri, il più possibile attraverso una forme
di condivisione con il territorio, tenendo conto dei diversi aspetti urbanistici e socio culturali delle
nostre città e dei nostri paesi. E’ necessario incentivare processi nuovi, creativi, lungimiranti,
favorendo una cultura dell’incontro che ci aiuti a scoprire tutto il potenziale umano che si nasconde
anche in chi è più fragile e in difficoltà. Per questo è importante condividere percorsi di vita
personale e di partecipazione sociale, nel rispetto dei diritti e dei doveri di ciascuno. Serve un nuovo
quadro giuridico per accogliere quanti arrivano nel nostro paese e la sperimentazione
dell’attivazione di canali umanitari, già in atto da parte della CEI e di altre associazioni, va
strutturata e resa permanente da parte dello Stato. Senza trascurare di analizzare e approfondire le
cause di tali e tante migrazioni forzate, operando, ovunque sia possibile, per favorire e incentivare
processi di pace e sviluppo nei paesi di origine e la possibilità di poter migrare non forzatamente,
senza alternative, ma per scelta, senza il rischio di perdere la vita propria o quella di famigliari e
amici.
Soggetti privilegiati dell’accoglienza e del discernimento sono le Comunità: molte persone e
famiglie vivono esperienze di accoglienza oppure trascorrono periodi in missione. Tutto ciò nella
gratuità, testimoniando che si può fare, che è possibile starci, esserci, condividere un tratto di strada,parziale, con chi abbiamo l’opportunità e il privilegio di incontrare, affidandoci l’uno l’altro. Una
relazione di reciprocità autentica nella quale si potrebbe scoprire che è più quello che si riceve
rispetto a quanto si dà. Tante comunità si aprono all’accoglienza e sperimentano sguardi in
prospettiva che permettono di vedere la diversità da un'altra angolatura e di comprendere la
ricchezza di incontri autentici che aiutano a crescere e maturare insieme, rivedendo anche i nostri
stili di vita e le nostre priorità.
A questo proposito proponiamo che la lettera alle comunità cristiane della Commissione episcopale
per le Migrazioni della CEI, dal titolo: Comunità accoglienti – Uscire dalla paura, venga fatta
oggetto di studio e riflessione negli incontri formativi del clero, degli operatori pastorali, nei
consigli pastorali e nelle realtà associative.
Vorremmo terminare con le parole che papa Francesco ha pronunciato di fronte ai rifugiati dell’Hub
di Bologna, il 1 ottobre scorso, come monito e percorso per tutte le nostre comunità: “Molti non vi
conoscono e hanno paura”, questo li fa sentire in diritto di giudicare e di poterlo fare con durezza
e freddezza credendo anche di vedere bene. Non è così perché si vede bene solo con la vicinanza
che dà la misericordia. Senza questa, l’altro resta un estraneo, addirittura un nemico, e non può
diventare il mio prossimo
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento