Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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venerdì 22 giugno 2018
Il Vangelo è credibile per come si risponde al grido dei poveri! (Papa Francesco)
«La credibilità del Vangelo è messa alla prova dal modo in cui i cristiani rispondono al grido di quanti, in ogni angolo della terra, sono ingiustamente vittime del tragico aumento di un’esclusione che, generando povertà, fomenta i conflitti». Nel suo secondo discorso a Ginevra, davanti ai membri del Consiglio ecumenico delle Chiese, Papa Francesco insiste sulla missione e sulla testimonianza comune al Vangelo che i cristiani possono e debbono dare nel nostro tempo.
Lo scenario del secondo incontro del viaggio è di nuovo il Centro Ecumenico del Consiglio delle Chiese. Francesco, venuto qui a celebrare il 70° anniversario dell’istituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese, ringrazia i primi ecumenisti che, «spinti dall’accorato desiderio di Gesù, non si sono lasciati imbrigliare dagli intricati nodi delle controversie, ma hanno trovato l’audacia di guardare oltre e di credere nell’unità, superando gli steccati dei sospetti e della paura». Persone che «con l’inerme forza del Vangelo, hanno avuto il coraggio di invertire la direzione della storia, quella storia che ci aveva portato a diffidare gli uni degli altri e ad estraniarci reciprocamente, assecondando la diabolica spirale di continue frammentazioni».
Francesco ha quindi ricordato che il Consiglio delle Chiese «è nato come strumento di quel movimento ecumenico suscitato da un forte appello alla missione: come possono i cristiani evangelizzare se sono divisi tra loro? Questo urgente interrogativo indirizza ancora il nostro cammino e traduce la preghiera del Signore ad essere uniti “perché il mondo creda”». Il Papa ha espresso a questo proposito una preoccupazione, derivante «dall’impressione che ecumenismo e missione non siano più così strettamente legati come in origine».
«Eppure – sottolinea Bergoglio - il mandato missionario, che è più della diakonia e della promozione dello sviluppo umano, non può essere dimenticato né svuotato. Ne va della nostra identità. L’annuncio del Vangelo fino agli estremi confini è connaturato al nostro essere cristiani. Certamente, il modo in cui esercitare la missione varia a seconda dei tempi e dei luoghi e, di fronte alla tentazione, purtroppo ricorrente, di imporsi seguendo logiche mondane, occorre ricordare che la Chiesa di Cristo cresce per attrazione». È quanto Francesco continua a ripetere in ogni occasione, mutuando parole già espresse da Benedetto XVI.
«Ma in che cosa consiste questa forza di attrazione? – si è chiesto il Papa - Non certo nelle nostre idee, strategie o programmi: a Gesù Cristo non si crede mediante una raccolta di consensi e il popolo di Dio non è riducibile al rango di una organizzazione non governativa. No, la forza di attrazione sta tutta in quel sublime dono che conquistò l’apostolo Paolo: “Conoscere [Cristo], la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze”».
Francesco invita dunque a non ridurre «questo tesoro al valore di un umanesimo puramente immanente, adattabile alle mode del momento. E saremmo cattivi custodi se volessimo solo preservarlo, sotterrandolo per paura di essere provocati dalle sfide del mondo». Due atteggiamenti diversi, ma ugualmente deleteri, che fotografano altrettanti approcci oggi riscontrabili nel mondo cristiano: l’adattamento al mondo, o la paura del mondo che fa rinchiudere in un fortino sentendosi assediati.
«Ciò di cui abbiamo veramente bisogno – ha sottolineato il Papa - è un nuovo slancio evangelizzatore. Siamo chiamati a essere un popolo che vive e condivide la gioia del Vangelo, che loda il Signore e serve i fratelli, con l’animo che arde dal desiderio di dischiudere orizzonti di bontà e di bellezza inauditi a chi non ha ancora avuto la grazia di conoscere veramente Gesù. Sono convinto che, se aumenterà la spinta missionaria, aumenterà anche l’unità fra noi». Riscoprire la missione è dunque la nuova indispensabile frontiera dell’ecumenismo: «L’evangelizzazione segnerà la fioritura di una nuova primavera ecumenica».
Riflettendo sul motto del viaggio, «Camminare – Pregare – Lavorare insieme», Francesco ha suggerito, per quanto riguarda il camminare, «un duplice movimento: in entrata e in uscita». Per la preghiera, ha ricordato che quando «diciamo “Padre nostro” risuona dentro di noi la nostra figliolanza, ma anche il nostro essere fratelli. La preghiera è l’ossigeno dell’ecumenismo. Senza preghiera la comunione diventa asfittica e non avanza».
Quindi il Papa ha sottolineato, a proposito dell’azione comune, che «la credibilità del Vangelo è messa alla prova dal modo in cui i cristiani rispondono al grido di quanti, in ogni angolo della terra, sono ingiustamente vittime del tragico aumento di un’esclusione che, generando povertà, fomenta i conflitti. I deboli sono sempre più emarginati, senza pane, lavoro e futuro, mentre i ricchi sono sempre di meno e sempre più ricchi».
«Sentiamoci interpellati – ha detto il Papa dal pianto di coloro che soffrono, e proviamo compassione, perché “il programma del cristiano è un cuore che vede”», ha osservato citando Benedetto XVI. «Vediamo ciò che è possibile fare concretamente, piuttosto che scoraggiarci per ciò che non lo è. Guardiamo anche a tanti nostri fratelli e sorelle che in varie parti del mondo, specialmente in Medio Oriente, soffrono perché sono cristiani. Stiamo loro vicini».
Dopo aver ricordato che «il nostro cammino ecumenico è preceduto e accompagnato da un ecumenismo già realizzato, l’ecumenismo del sangue», Bergoglio ha invitato a «superare la tentazione di assolutizzare determinati paradigmi culturali e di farci assorbire da interessi di parte». E ha invitato a non dimenticare mai poveri e scartati, coloro «occupano un posto troppo marginale nella grande informazione. Non possiamo disinteressarci, e c’è da inquietarsi quando alcuni cristiani si mostrano indifferenti nei confronti di chi è disagiato. Ancora più triste è la convinzione di quanti ritengono i propri benefici puri segni di predilezione divina, anziché chiamata a servire responsabilmente la famiglia umana e a custodire il creato». Un accenno indiretto alla teoria calvinista della predestinazione.
Il Papa ha concluso domandando: «Chiediamoci allora: che cosa possiamo fare insieme? Se un servizio è possibile, perché non progettarlo e compierlo insieme?».
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