Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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domenica 10 giugno 2018
Dio si colloca non nei templi ma nell'uomo! (Ernesto Balducci - commento alla 10^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO)
10 GIUGNO 2018-10^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO
Ogni uomo, ogni donna, ogni essere creato è Dio per me. È una certezza importante. Non si tratta di panteismo, né di negazione di Dio; si tratta di collocare la presenza di Dio là dove essa si colloca realmente, non nei templi sacri ma nell’uomo vivo. Questo è il concetto centrale del Vangelo.
PRIMA LETTURA: Gn 3, 9-15- SALMO: 129- SECONDA LETTURA: 2 Cor 4, 13 -5,1- VANGELO: Mc 3, 20-35
…Voi vedete come in una società secolarizzata il mito non è finito. Si crede che sia così. Si può ridere dei miti antichi ma quelle ideologie ci hanno avvezzato a ritenere che le cose dipendono non dall’uomo ma dalle strutture, non dall’uomo ma dall’economia, non dall’uomo ma dalle istituzioni. Si tratta pur sempre di rimandare ad altri principi la responsabilità del comportamento. Certo sono principi presenti nella nostra vita, però mai fino al punto da sopprimere la nostra responsabilità. Nella nostra cultura di impronta scientifica la coscienza spesso appare un puro prodotto, come la saliva è prodotta dalle ghiandole salivari, non un principio. Siamo ancora nel mito antico. È un mito antico che si veste di panni razionali. Oppure ci sono coscienze religiose che per non assumersi la responsabilità danno la colpa al diavolo, a Satana. Ritornano i culti di Satana, la fede – dirò così – nel diavolo che è sempre una fede deresponsabilizzante. Non ci sono diavoli in giro, c’è la nostra responsabilità e dobbiamo prendercela in pieno. Questo è l’annuncio del Vangelo.
Nel paradiso terrestre abbiamo lo scambio di responsabilità. Dice Adamo: «È stata la donna». Dice la donna: «È stato il serpente». È sempre un modo di rimandare la colpa ad altri, non importa a chi. Io penso che il senso ultimo del Vangelo sia una suprema concentrazione di responsabilità che però non si portano facilmente. Chi le assume in sé è un pazzo, è, come Gesù, «fuori di sé». Casa puoi fare tu contro la guerra? Perché gridi? Perché condanni? Abbiamo vissuto questa ultima guerra sotto il segno della necessità. Abbiamo sentito uomini di alta coscienza morale che hanno detto: Era necessaria. Ma perché necessaria? È il mito! La necessità è un mito, e non importa se vestito di panni attuali, perché attribuisce il corso delle cose a principi esterni alla responsabilità dell’uomo. Questo è il dramma nostro. Capisco che il corso delle cose ha una sua andatura massiccia che ci sovrasta come un’onda di mare sovrasta un naufrago. È vero. Però se l’uomo – come disse un grande pensatore – è una canna fragile, si può spezzare, è una canna che pensa e sa di essere spezzata. Dalle sue scelte può dipendere che sia spezzata o no e preferire di essere spezzata pur di non cedere al proprio imperativo.
Questo rigore morale trova un adempimento pieno in Gesù perché Egli, fedele alla volontà del Padre, è andato verso la morte. La morte di Gesù non può essere concepita che come una esplicazione delle istanze totalizzanti della coscienza morale obbediente a Dio. Tutto questo ci libera, se lo collochiamo nel nostro tempo, intanto dalle superstizioni religiose. Voglio dire, scusate, che senso ha andare a vedere la Madonna di qui, la Madonna di là? Ogni donna è la Madonna ed ogni uomo è madre di Gesù. Lo ha detto Lui: «Ecco mia madre». Il pericolo religioso è di trasferire a potenze soprannaturali responsabilità che sono nostre.
Queste parole di Gesù sono parole demonizzanti al massimo, vorrei dire secolarizzanti, nel senso che impediscono di riferirci a casualità esterne a quelle che sono nel consorzio umano. Ogni uomo, ogni donna, ogni essere creato è Dio per me. È una certezza importante. Non si tratta di panteismo, né di negazione di Dio; si tratta di collocare la presenza di Dio là dove essa si colloca realmente, non nei templi sacri ma nell’uomo vivo.
Questo è il concetto centrale del Vangelo. Per questo Gesù era un indemoniato: perché, allora, che ci stavano a fare gli Scribi?e che ci stava a fare il tempio? E il Sinedrio che ci stava a fare? E il Pretorio della potenza romana che ci stava a fare? Voi capite che questo principio toglie ogni valore imperativo, assoluto a tutte le istituzioni. Il nostro compito è sempre questo. Uno può dire: «Ma quando finirà questo dramma?». Paolo dice: «Il nostro uomo esteriore si va disfacendo», perché il nostro uomo esteriore è dentro la necessità – del mondo fisico – però c’è quello interiore che si rinnova in quanto il suo principio è costitutivo di un ordine.
Non è una fiamma labile che si accende e si spegne nell’oceano della necessità, questo principio è costruttivo di un ordine, di un mondo. È come il bambino che si costruisce nel seno della madre, tende a nascere. Questa fecondità ontologica dell’obbedienza alla coscienza illuminata dalla parola di Dio è detta con potenza da Paolo in questo brano: «Chi crede queste cose sfida i confini della morte». Non fa dell’orizzonte biologico – che è il suo – il suo orizzonte morale perché l’orizzonte morale trascende tutte le generazioni non con l’arco delle illusioni ma con una immanenza creativa per cui le cose si modificheranno. Noi andiamo verso questo mondo.
Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili ma su quelle invisibili, non nel senso platonico, come se fossero in un iperuranio, in un mondo altro da questo; invisibili perché sono future. Così facebdo l’ordine morale diventa ordine ontologico, cioè appartiene all’ordine dell’essere. Questa fede è una fede morale partecipata anche da tanti che non possono dire con linguaggio esplicito quello che io ho detto riferendomi a Gesù di Nazareth. Non importa, perché tutti quelli che fanno la volontà di Dio, anche se non sanno che è la volontà di Dio, sono fratelli, sorelle e madri di Gesù. Ci sono tanti che fanno la volontà di Dio, cioè assecondano l’imperativo morale.
Dovrò incolparli per il fatto che non sanno che è la volontà di Dio? Anzi, a volte non c’è anche una maggior grandezza nel fatto che uno osserva il bene senza dare motivi teologici a questa sua osservanza? Dio è dentro gli atti, non è un giudice che su uno scranno guarda come ci comportiamo e poi ci manda all’inferno o in paradiso. Dio è dentro i nostri atti e chi fa la volontà del Padre è con Lui. Allora il mio sguardo si allarga a tutti coloro – e sono innumerevoli – che nel mondo fanno la volontà di Dio. Non so come lo chiamano. Forse non lo chiamano affatto. Non me ne importa. Costoro stanno costruendo il regno di Dio e su di loro scende la parola misteriosa di Gesù, fratello nostro: «Ecco mia madre e i miei fratelli. Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre».
Ernesto Balducci – da “Gli ultimi tempi” vol 2°
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