Papa Francesco
"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco
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sabato 1 luglio 2017
"Ho cercato di far memoria di ciò che Gesù ci ha raccontato": Dorothy Day
«A quindici anni sentivo già che Dio
desiderava la felicità dell’uomo, provvedendo ai suoi bisogni
perché fosse felice, e che non ci doveva essere tanta povertà e
miseria attorno, così come io vedevo e di cui ogni giorno leggevo
sui giornali», scriverà Dorothy Day nella sua autobiografia.
Insoddisfatta dell’università, Dorothy abbandona gli studi e si fa
assumere come cronista da un piccolo e combattivo quotidiano
socialista “The Call”. E quando la Grande Guerra comincia a far
scorrere il sangue in Europa, matura un impegno pacifista durato
tutta la vita, insieme a quello per la difesa dei diritti civili e
dei diritti delle donne.
Dopo essersi trasferita a Staten
Island, l’isola sede di una colonia di intellettuali, artisti ed
anarchici, conosce Forster Batterham, con il quale va a convivere
sperimentando quella che definirà una sorta di «felicità
naturale». Prova un senso di riconoscenza verso Dio e curiosità
verso la vita religiosa. Resta incinta e nel 1926 ha una bimba che
chiama Tamar. Un successivo incontro con Aloysia Mary Mulhern, delle
“Sisters of Charity” di New York con cui s’intrattiene sempre
più su temi religiosi, la portano prima al battesimo della piccola
(nonostante l’opposizione di Forster), poi al suo, nella Chiesa
cattolica di Totteneville (sotto condizione, poiché era già
battezzata nell’infanzia nella Chiesa episcopale). Ben presto la
convivenza fra Dorothy e Forster diventa insopportabile: nessuno dei
due cambia le proprie idee pur amando l’altro.
La relazione non si ricompone. La
solitudine di Dorothy da quel momento sarà definitiva: e tuttavia
presto colmata dal suo donarsi agli altri. Soprattutto ai senza
lavoro e senza casa, a quell’umanità vulnerabile che la crisi
economica del 1929 e la Grande Depressione seguita hanno fatto
aumentare a dismisura. Ecco Dorothy, il 30 novembre 1932 a fianco dei
disoccupati della “marcia della fame”. Eccola dopo la
manifestazione pregare e cercare nuove strade per dare pienezza ai
suoi progetti. Ed eccola, al suo ritorno a New York, all’incontro
decisivo con Peter Maurin, vagabondo e intellettuale, con le sue idee
marcate da un cristianesimo radicale, di impronta personalista.
Con lui Dorothy vara, il primo maggio
del ’33, il Catholic Worker (“Il Lavoratore Cattolico”, nome
voluto da lei, mentre Maurin preferiva “Il Lavoratore Radicale”,
ma per via delle «radici» e del suo «sogno contadino»), che in
due anni passa da 2.500 a 150.000 copie. Peter Maurin il vero
fondatore di tutto il progetto del Catholic Worker (sarà la Day a
dire: «Io non avrei mai avuto l'idea di un lavoro simile se non
fosse stato per lui»; «sì, lui fu un leader, un maestro, un
fondatore…») per anni avrà una grande influenza su Dorothy.
«Culto, cultura e coltivazione»
questo il suo ideale di vita individuale e collettiva, di rivoluzione
delle coscienze e di rivoluzione sociale. Il suo programma
comprendeva diversi livelli di intervento. Due innanzitutto: la
chiarificazione del pensiero con la stampa, la creazione di case di
ospitalità e di comuni agricole.
Poi il conflitto bellico mondiale
finisce. Ma Dorothy non può esultare pensando alle bombe su
Hiroshima e Nagasaki. Dalla Seconda Guerra mondiale all'alba
dell'era nucleare, dalla crisi di Cuba alla guerra del Vietnam. Si
impara così a intravedere in Dorothy Day una sorta di «coscienza
radicale» della Chiesa cattolica americana di allora.
Tuttavia, c’è altro su cui fermarci.
Nell’estate del ‘73, a settantacinque anni, la “nostra” ha
ancora la forza di partecipare ad una manifestazione vietata a Fresno
e quel momento viene fissato da una fotografia che la ritrae seduta
su uno sgabello pieghevole mentre discute con i poliziotti armati.
Tutto finisce con un suo arresto insieme a centocinquanta
manifestanti tra cui suore e preti. Va pure sottolineato che Dorothy
Day quando la rivolta sociale e culturale sfociò nel Sessantotto non
si trovò a suo agio nelle nuove forme di comportamento collettivo,
permissive e libertarie, anche in campo sessuale. Vi ritrovava quel
disordine sperimentato sulla sua persona negli anni '20, fonte di
desolazione interiore.
La sua ultima conferenza fu nell’agosto
1976, al Congresso Eucaristico di Filadelfia. Invitata insieme a
Madre Teresa di Calcutta in quella sede parlò sul tema “La
penitenza precede l’Eucaristia:” Si spense a 83 anni il 29
novembre 1980.
Aveva scritto in una nota autobiografica: «Quando
morirò spero che la gente dirà che ho cercato di far memoria di ciò
che Gesù ci ha raccontato - le sue storie meravigliose - e ho
cercato di vivere secondo il Suo esempio e seguendo anche la saggezza
di scrittori e artisti come Dickens, Dostoevskij e Tolstoj, che
vissero pensando sempre a Gesù».
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