Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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mercoledì 19 dicembre 2018

La buona politica nel messaggio di Papa Francesco per la G.M. della Pace

Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo. Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità.Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse.Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente.Beato il politico che realizza l’unità.Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale. Beato il politico che sa ascoltare.Beato il politico che non ha paura.
(“beatitudini del politico” proposte dal cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002 come «fedele testimone del Vangelo», dopo aver subito anni e anni di prigionia e persecuzioni) 


Papa Francesco dedica al tema della «buona politica» il suo messaggio per la 52esima Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2019). Corruzione, appropriazione indebita di beni pubblici, strumentalizzazione delle persone, non rispetto delle regole comunitarie, arricchimento illegale, giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto della “ragion di Stato”, razzismo e xenofobia, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali, il disprezzo verso chi è costretto all’esilio, è un lungo elenco di «vizi» che oggi sfigurano il volto della politica.

I Papa non ci gira troppo attorno: questi vizi sono dovuti «sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni». Il problema è che essi «tolgono credibilità ai sistemi» entro i quali la vita politica si svolge, «così come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si dedicano». «Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale», afferma Francesco nel testo firmato l’8 dicembre e pubblicato oggi, giorno dell’International day sulle migrazioni promosso dall’Onu.

Ancora una volta il Papa pronuncia il suo stigma contro «il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili» che contribuisce, peraltro, «all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace». «Non sono sostenibili - rimarca il Papa - i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza». Va invece ribadito che «la pace si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate».

Questa pace che, come affermava il poeta Charles Péguy, è «un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza». «Lo sappiamo: la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie», annota Francesco. La politica è, o meglio, dovrebbe essere «un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo»; quando però «da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione».

Francesco richiama le parole di Paolo VI: «Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità».

In effetti, osserva, «la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto». Solo così, cioè se «attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone» la politica può diventare veramente quella «forma eminente di carità», come la definì sempre Papa Montini.

«Ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis», rimarca il Pontefice questa volta citando il suo diretto predecessore Benedetto XVI. In questo «programma» si possono ritrovare tutti i politici, «di qualunque appartenenza culturale o religiosa che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà».

Come il grano e la zizzania, tuttavia, accanto a queste virtù crescono molteplici «vizi»: «la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio», denuncia il Pontefice.

Esorta allora a «tornare alla fonte e ai riferimenti che ispirano la giustizia e il diritto»: «Ogni rinnovo delle funzioni elettive, ogni scadenza elettorale, ogni tappa della vita pubblica» può essere un’occasione per farlo, in modo anche da tessere «un legame di fiducia e di riconoscenza» tra vecchie e nuove generazioni.

A proposito di quest’ultime, il Papa sottolinea che peculiarità della buona politica è quella di promuovere «la partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro»: «Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro».

Quando, invece, «la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde nelle coscienze e sui volti». In questo senso la politica diventa strumento di pace «se si esprime nel riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona».

A partire da questa convinzione, cioè che «ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa», che si possono «sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali», assicura Bergoglio. Non è così scontato, evidenzia: «Tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse». E soprattutto in questi tempi vige «un clima di sfiducia» che si radica «nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi», e si manifesta anche a livello politico, «attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno».

Non manca nel messaggio del Vescovo di Roma una denuncia della guerra, a cent’anni dalla fine del primo conflitto mondiale: «Mentre ricordiamo i giovani caduti durante quei combattimenti e le popolazioni civili dilaniate, oggi più di ieri conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura», rimarca. «Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità. È la ragione per la quale riaffermiamo che l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia».

La preoccupazione più grande del Papa è per i bambini che vivono nelle attuali zone di conflitto e per tutti coloro che si impegnano affinché le loro vite e i loro diritti siano protetti. «Nel mondo, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze», sottolinea, «quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità».

Infine richiamando la Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, della quale si celebrano in questi giorni i settant’anni della firma, Papa Francesco rinnova l’invito alla pace - verso sé stessi ma anche verso l’altro: «il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…» - che «è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani», ma che, al contempo, è «una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno». 

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