In un anno ci sono dodici mesi. In dodici mesi ci sono trecentosessantacinque giorni. Trecentosessantasei negli anni bisestili. Le ore sono molte di più: è difficile contarle. Il numero dei minuti è quanto di più simile si possa immaginare sia un angelo che si avvicini all’eternità.
Quanto tempo aveva aspettato? Ci sono necessità cui non si riesce a dare un nome immediato ma questo non le rende meno divoratrici di suoni.
I suoni regolavano il suo cuore: i battiti, le onde marine nell’oceano, la voce delle balene. Il suo potere era enorme, non si poteva misurare, era come i minuti dentro un anno di dodici mesi e trecentossessantasei giorni. Con i suoni raccolti nelle orecchie di una conchiglia poteva dare equilibrio ad anime disperate o solitarie. Con il frastuono degli scogli riduceva a più miti consigli gli avidi arroganti del potere insinuando in essi il dubbio della grandezza. Ai timidi pellegrini della vita donava un abbraccio indelebile amplificando il riverente sciabordio delle acque saline sulla battigia e trasformandolo nella culla della vita.
Due sole persone si potevano avvicinare a questo figlio dell’Universo. A loro era stato affidato il bambino. Era loro compito fare in modo che non si arrabbiasse. Con un potere simile, dalla casa ai confini del mondo, chissà quali disastri poteva provocare! Là dove abitava doveva essere tutto a posto. Sempre. In freezer era pronto il gelato, e giochi in camera non ne mancavano. Erano due persone a sua completa disposizione, perché il suo umore non venisse alterato e una musica cattiva prendesse il sopravvento in lui.
Era un giorno di quelli, quando i due dovettero affrontare l’emergenza. L’uno continuava a ripetergli: “Che cosa vuoi? Cosa possiamo darti? È vero! Ci sono necessità cui non si riesce a dare un nome al momento. Ma tu chiedi e ti daremo ciò che ti serve.”. E mentre parlava, riempiva le mani e la testa del bambino con giocattoli e doni meravigliosi. Il bambino non se ne curava e ripeteva una specie di filastrocca: “Dodici in un anno e nei mesi trecentosessantacinque giorni/nei giorni le ore e nelle ore i minuti/che non riesci a contare. Dunque chi sono?”. Sembrava essere quella cantilena a montare una scontenta rabbia incapace di darsi un nome. Ogni tanto rigettava i doni e nervoso muoveva appena le labbra ed usciva una voce gutturale: “Cose, cose, cose!”. Scontento rigettava da sé ogni oggetto che gli veniva offerto.
Si avvicinò anche l’altro ed il bimbo gli chiese: “cosa mi porti?”. Rispose: “Queste parole: ti voglio bene!”.
Il bambino disse: “Sono soltanto parole!”.
“Non è vero: escono dal mio cuore!”.
“Ma se entrano nel mio, allora non sono più nel tuo!”.
“Neanche questo è vero!”. Rispose l’uomo. “La parola che ti dono viene a te senza smettere di essere in me. Ti amo, bimbo mio, e se questo amore non restasse nel mio cuore pur dimorando nel tuo, allora smetterebbe di avere un significato!”.
Il bambino si fermò un attimo, come se pensasse a qualcosa che faceva lo stesso rumore caldo delle sere di agosto e lasciò cadere la rabbia. Tutte quelle cose che agivano, quei suoni che equilibravano il mondo e le persone, tutto quanto usciva da lui non era perduto ma restava in lui, benché l’effetto sugli altri trovasse in essi una collocazione stabile. “Ti voglio bene! – scandì tra sé e sé il bimbo - Dunque in ogni parola che dico ci sono io e ci sei anche tu!”. Sorrisero entrambe.
Da allora le due persone ebbero molto meno da fare e più da rinnovare ogni giorno soltanto una frase: “Ti voglio bene!”.
Mettere qualche puntino sulle “I”
Avvento: secondo tempo: la giustizia.
Lasciamo da parte Marco per questo tempo di Avvento e accogliamo oggi le parole del Vangelo secondo Giovanni, quella parte del Prologo dove nel racconto che ha per soggetto Giovanni il Battista, si crea l’intersezione tra la storia eterna del Verbo (che ascolteremo a Natale) e la nostra storia, storia umana, concreta e particolare.
Le orme di un Dio che cammina nella nostra storia sono quelle dei testimoni, e Giovanni è un testimone.
Il Dio che cammina nella storia ha al fianco sempre dei testimoni, indicatori di realtà, sapienti dell’animo umano, scambiatori tra Parola divina e voce umana, o più semplicemente uomini di Dio. Come spesso capita, per normalizzare la presenza di un testimone, si cerca di incastrarlo in un ruolo: “ «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?»”. Risulta meno costoso a chi detiene il potere piuttosto fagocitare chi potrebbe metterlo in questione, che combatterlo, extrema ratio. Alla corte di Erode, Giovanni il Battista poteva vantare un seguito se non fosse stato per quella sgradita consuetudine che aveva di parlare secondo giustizia e non per compiacere i potenti.
Non spegnete lo Spirito! Quante volte ci sentiamo incastrati in un ruolo da cui non riusciamo a venir fuori o che altri ci hanno ritagliato addosso. Questo è fonte di grande sofferenza e frattura interiore per molti giovani, e negli adulti diviene soltanto un cane assopito che abbaia ogni tanto e talvolta morde. Una inquietudine di cui non si comprende bene l’origine, ovvero, come lo chiamò Alan Moore in un suo fumetto, uno small killing, un piccolo omicidio interiore.
Giovanni definisce sé stesso solo in relazione ad un altro: “Io sono voce di uno che grida nel deserto!”. Avete presente la domanda che Pilato fa a Gesù durante un processo simile a questo: “Che cos’è la verità?”. Gli chiede il politico romano. Quid est veritas? In latino (cfr Gv 18,38). Esiste un anagramma di questa frase che dovrebbe esserne la risposta: Vir qui adest!. L’uomo che ti sta di fronte. Per Giovanni questa immagine e somiglianza è riposta in Gesù che viene. Per Gesù sarà il Padre. Per entrambe è chi, stando di fronte, sa di amare e di essere amato.
La giustizia di Giovanni il Battista è in questo annuncio che si lascia guidare dallo Spirito e non dagli uomini. Entriamo in territorio di missione. Forse quando parliamo di speranza non vestiamo di peli di cammello, né mangiamo locuste e neppure giriamo per il fiume Reno con in mano un piattino, versando ai passeggiatori di cani un poco d’acqua in testa chiedendone la conversione dai peccati. Ci sono responsabilità che riguardano tutti, credenti e non credenti, per annunciare il futuro. “Si può pensare legittimamente che il futuro dell'umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza.” (Gaudium et Spes, n.31).
Buon Avvento, buona Domenica
D onde
Le letture
Dal libro del profeta Isaia 61, 1-2.10-11
Lo spirito del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l’anno di grazia del Signore.
Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza,
mi ha avvolto con il mantello della giustizia,
come uno sposo si mette il diadema
e come una sposa si adorna di gioielli.
Poiché, come la terra produce i suoi germogli
e come un giardino fa germogliare i suoi semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutte le genti.
Salmo Responsoriale (Lc 1, 46-54)
L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 5, 16-24
Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!
Dal vangelo secondo Giovanni 1, 6-8. 19-28
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Nessun commento:
Posta un commento