Estate, di pomeriggio, al tramonto, quando nel cortile più ampio tra le nostre case, si radunavano anche i figli dei vicini. La zona davanti era coperta di ghiaia per il parcheggio delle auto. Lupo, Palla_per, Bang, Strega, erano alcuni dei giochi ultimi prima di cena, anche se a volte i ragazzi riuscivano a strappare un lembo dall’oscurità del riposo notturno per una di quelle che diventavano le più audaci partite a nascondino, afferrati nelle buie mani degli angoli e nascondigli non raggiunti dalle luci dei lampioni esterni. La paura era l’emozione vissuta, quasi ricercata, perché in quei momenti acquistava un sapore a cui la bocca era sensibile, come quando con la lingua toccavi i poli delle batterie da 4.5 volt, che oggi non esistono più in commercio.
Quel pomeriggio osservai la giovanissima compagnia di giochi intenta a decidersi con quale di essi valesse la pena chiudere quel giorno di vacanza. Ce ne sarebbe stato un altro identico appena passata la notte, ma la discussione sembrava assumere il tono grave dell’ultimo desiderio per il condannato a morte! Poi si misero inaspettatamente tutti a sedere, intenti a spiegare regole di un gioco apparentemente mai giocato prima. Subito si alzarono e presero posizione: uno vicino alla casa, rivolto verso il muro. Gli altri affiancati sulla stessa linea a 7, 8 metri di distanza. Immaginai di stare per assistere ad una partita ad Un Due Tre Stella e pensai che alla fine avevano poi scelto uno dei giochi più elementari.
Il ragazzino che dava le spalle agli altri iniziò dicendo “Un (tutti rimasero fermi)…Due (perché nessuno si muoveva dalla linea di partenza per correre verso il muro?)…Tre (ma a che gioco stanno giocando? Non stanno facendo un passo!)…Cometa!”. A quel punto il ragazzino si voltò di scatto, e contemporaneamente tutti iniziarono a correre. Ma quando il giocatore che stava al muro, ormai rivolto agli altri giocatori in corsa, pronunciò il nome di quello più indietro di tutti, allora si fermarono ed iniziò un’altra manche. Quando qualcuno raggiungeva il muro, prendeva il posto di chi contava ed andarono avanti così per una buona mezz’ora, spesso gonfiando le risate con urla e sbracciavano verso chi era stato beccato “più fermo” degli altri.
Chiesi poi spiegazioni a mia nipote, fu così che me lo spiegò. “Sembra un due tre stella, ma non lo è. L’abbiamo inventato noi! Qui devi stare pronto a partire appena quello al muro si volta. Quello che se la dorme, il più fermo degli altri, viene eliminato. A quel punto si riparte finché qualcuno non arriva al muro.”. “Ma perché gli avete cambiato nome?”. Chiesi io. Un po’ stupita mi guardò e con una soddisfatta illuminazione del volto mi rispose: “Ma zio! Le stelle stanno ferme. Sono le comete che si muovono!”.
Mettere qualche puntino sulle “I”
E se avessimo trasformato il Vangelo e la fede in Dio in un gioco sbagliato? Una gara a chi riesce a stare più fermo invece di muoversi ed uscire da noi stessi?
Il momento rivelatore della parabola è nel dialogo tra il signore rientrato dal suo viaggio ed il terzo degli uomini a servizio dei beni che aveva messo a disposizione. Mettendo le mani avanti, questo servitore dei beni cerca di giustificarsi ed in questo modo peggiora la sua situazione, perché rivela qual è l’idea che ha del suo signore: un uomo duro, cioè rigido nelle sue norme e regole, per di più quasi mafioso che pretende il pizzo sul lavoro altrui! Infine giunge ad esporre il vero motivo: la paura. La paura del suo signore, la paura degli altri, la paura del mondo. Quei talenti che dovevano essere beni relazionali, servivano a fargli scoprire il mondo come relazione con gli altri, con la madre terra, ed anche con chi glieli aveva messi in mano. Invece nelle mani del servo quella immensa fortuna diventa un peso con cui non vuole aver a che fare, non vuole nemmeno tenerli con sé. Preferisce seppellirli!
indifferente custode di una vita che teme! Ecco come potremmo tradurre il duplice aggettivo che gli attribuisce il signore: “malvagio e pigro”!
Nella seconda lettura (1Ts 5, 1-6) Paolo mette in guardia chi si è accodato al discepolato di Gesù il Vivente, facendo del cristiano uno che costruisce la propria esistenza come spazio di sicurezze in questa vita, in questo presente, erigendo mura e baluardo intorno a sé, magari in nome di Dio! Eredi del bene lasciato in un sepolcro a marcire invece di risorgere! Concentrati ad evitare il male, evitano ardentemente di compiere il bene che gli è possibile.
La donna della prima lettura (Pr 31, 10-31) non va presa come esempio di sottomissione, ma come chi realizza il senso della propria vita in quella operosità amorosa che riflette come in uno specchio l’amore di chi ha donato la vita per noi. Amare è tra quei beni che, mentre condividi, tu non ne hai meno né gli altri ne hanno poco!
Essere figli della luce: occorre discernere cosa genera, cosa motiva le nostre azioni! Forse non abbiamo il coraggio di dircelo da soli, ma se è la paura il loro motore, saranno le nostre stesse azioni a rivelarlo. In fondo stelle e comete ci appaiono entrambe luminose, ma solo le seconde rischiano di viaggiare negli spazi interstellari e magari andare in qualche orbita di un pianeta sperduto dell’universo a ricordare a dei poveri pastori che sta per nascere qualcosa di nuovo!
Buona Domenica
D onde
Le letture
Prima lettura (Pr 31,10-13.19-20.30-31)
Dal libro dei Proverbi
Una donna forte chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.
Gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.
Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.
Stende la sua mano alla conocchia
e le sue dita tengono il fuso.
Apre le sue palme al misero,
stende la mano al povero.
Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.
Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani
e le sue opere la lodino alle porte della città.
Salmo responsoriale (Sal 127)
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.
Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
Seconda lettura (1Ts 5,1-6)
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire.
Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.
Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.
Dal Vangelo secondo Matteo Vangelo (Mt 25,14-30)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
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