Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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domenica 22 novembre 2020

QUANDO L’ALTRO È NELLE MIE MANI (Commento alle letture della XXXIV Domenica del TO – CRISTO RE)

Il racconto


 Dovevano tornare indietro a portargli la chiave quei ragazzi, chiave che aveva prestato a Duilio, suo nipote. Guardava dallo spioncino sperando che la luce a tempo nel corridoio non si spegnesse prima di poter rivedere Duilio compiere quel viaggio a ritroso. “Sesesesese!”. Quando era un pò agitato, da sempre, trovava rifugio in quei suoni pronunciati a fior di labbra. Giù in garage c’erano gli attrezzi di meccanica che gli amici di Duilio gli avevano chiesto. Non poteva rifiutare di aiutarli anche se la situazione era ambigua. Ma in mezzo a loro c’era il suo povero nipote. Sentiva il cuore ed il timer riempire i padiglioni auricolari dei suoi pensieri con il loro ticchettio, il vuoto dell’uno riempito dal battito dell’altro quando sembrava fare cilecca. Dal garage al primo piano, per un ragazzo, ci vogliono meno di 5 minuti, calcolava il nonno. Lui ne impiegava uno per ogni gradino da fare! Ma Duilio sarebbe tornato a portargli quelle chiavi. Ne era sicuro…gli aveva sempre insegnato a riportare le cose prese in prestito! 

La luce per le scale si spense. Tornò a sedere in poltrona, il respiro in affanno. “Sesesesese!”. Passarono ancora alcuni minuti, poi sentì bussare. “sono io, nonno!”. Un affetto mai celato gli diede la forza di alzarsi ed aprire. “Resta qui!” Disse al nipote. “Non posso nonno, sono con gli altri!” e accompagnò le parole con un gesto significativo del legame che lo spingeva lontano da lui. “Ma non sono buoni quei tipi là!”. Duilio taceva. “Cosa è successo?”. “Nonno devo andare!...”. Già stava volgendo all’alba imminente fuori del palazzo, quando sorrise e gli venne da dire: “…ma grazie di esserti fidato!”. “Allora puoi stare con me ancora un poco, che dici?”. Duilio rientrò in casa e stava fermo appena dentro la soglia, lasciando lo spazio sufficiente a socchiuderla senza rumore. 

“Nonno, tu credi in Dio?”. 

“Io, si!”. 

“Ma come fai a saperlo?”. 

“Perché ho lasciato una traccia.”. 

“Cosa significa?”. Duilio non aveva più le chiavi in mano su cui sfogare la sua tensione, prese allora senza avvedersene, l’accendino dalla tasca ed iniziò ad infiammarlo e spegnerlo quasi con l’ostinazione della mosca che cerca di attraversare un vetro.

“Vedi Duilio, quando sei arrivato tu in questo mondo, ho deciso che ti avrei voluto bene e questo sarebbe stato il mio regalo per te: lasciarti una traccia!”.

“Ti sbagli nonno. La traccia che volevi lasciarmi sta sparendo. Mi piacerebbe, ma non sono buono come te. Vedi che…!”. Non continuò: la confessione di ciò che avevano fatto cercava una via di uscita, come l’acqua di un tubo rotto nel muro. Ma in quel momento riuscì ad interrompersi.

Il nonno si fece vicino, gli accarezzò la testa. A Duilio sembrò ancora quella manona gentile e sicura che raccoglieva le sue prime rovinose cadute di bici. Sentì il suo alito di anziano, un odore non fastidioso, ma affatto diverso, estraneo a quelli quotidiani della casa, del lavoro, degli amici. 

“Duilio io spero solo che tu sappia che ti ho voluto bene. Che te lo ricordi!”.

“Nonno, forse è tardi per andare a Dio…per me!”.

Duilio ed il nonno si continuavano a guardare. “Sesesesese!”, fece il nonno. Il giovane gli strinse la mano, si voltò di nuovo verso la porta, poi a spalle voltate chiese: “E tu come farai ad andare a Dio?”.

“Sarà lui a venire da me!”. Rispose il nonno. Duilio tornò a guardarlo in faccia. 

“Tu sei la traccia – riprese il nonno – per cui Dio mi troverà!”. Poi allargò le braccia, perché il nipote andasse a stringerlo e si dissero così addio. Erano ormai i giorni della consunzione e della malattia.

Trascorsi alcuni mesi, i fatti si erano appianati, le compagnie erano sciolte, Duilio era riuscito a rientrare alla sua prima casa. Un giorno dialogava con un amico. “Sai.” gli disse quello durante una chiacchierata fino a quel momento innocua. “Ho un problema che…”. “Sesesesese!”. “Che dici?”. “Niente, scusami, vai pure avanti!”. Disse Duilio, iniziando ad ascoltare la voce fuori di lui e quella dentro di lui.



Mettere qualche puntino sulle “I”


Ultima domenica dell’anno liturgico, dalla prossima settimana inizia quello nuovo, con il tempo di Avvento, l’attesa del Signore che viene, facendo memoria di come il Verbo venne al mondo in mezzo alle pecore. Oggi, che celebriamo la festa di Cristo Re, che reca tracce ancora di desideri talora mal sopiti di quanti nella Chiesa vorrebbero tornare ad avere un potere ed un controllo che proprio non si addice a Colui che ha scelto la croce come trono, nessun salto se le letture portano la medesima immagine di pecore e di pastori! 


La storia narrata in questo testo di Matteo (non propriamente una parabola fatta eccezione per i versetti riguardanti il rientro all’ovile del bestiame e la divisione nei rispettivi recinti di pecore e capri), nella sua rappresentazione, potrebbe farci eccedere in materia di ordine e pulizia. Effettivamente c’è un ordine dipinto in questo dialogo tra il re e tutti i popoli che intervengono dinanzi a lui, ordine stabilito in base a questo criterio di azione ovvero omissione rispetto ad alcune azioni che risultano consonanti con la presenza e l’azione stessa del re. Prendere questo ordine e trasportarlo nella storia, ma soprattutto farsene garanti al posto del re, può far spingere il pedale dell’acceleratore e di fronte alla confusione nel mondo e tra i popoli giustificare la violenza. In questa storia non c’è la visione politica di Dio, se significa permettere ad alcuni di prendere il sopravvento sugli altri. Questa è la visione possibile, nella quale tuttavia Dio non è neutrale, ma si identifica con i poveri, i condannati, le persone fragili e abbandonate. Riprendendo un pensiero di padre Balducci: “tanto più siamo uomini, quanto più ci liberiamo della necessità della violenza.” E tanto meno lo saremo quanto più non ci liberiamo della violenza, fosse anche per affermare principi giusti e buoni sulla carta!


Nel vangelo secondo Matteo, questo è l’ultimo discorso pubblico di Gesù prima della passione. Con il capitolo 26 inizia il complotto e tutti gli eventi che conducono alla morte di Gesù. Se dovessimo pensare allora a queste parole come agli ultimi pensieri che Gesù affida alla gente-al di fuori delle parole delle ultime sue ore appunto-, vuol dire che il suo pensiero è per i poveri e tutti coloro che sono in una condizione di necessità che richiede la risposta di qualche altro essere umano per sortirne. Ciò che questo aggiunge alla nostra vita -secondo quanto narrato da Gesù- è che ci pone già nella vita del Regno: potersi mettere nella condizione di un malato, di un carcerato, di un affamato è agire come agisce il Re, è avere attenzione per il Re di questo Regno. 


Da ciò possiamo trarre due conseguenze: la prima riguarda una non procrastinabile attenzione. Evitare di allargare il consenso al potere che rende esclusivo per pochi questo nostro mondo, e favorire invece tutto ciò che rende questa nostra umanità inclusiva di tutte le persone che ne fanno parte. La seconda riguarda la nostra attenzione per i peccati. Una eccessiva attenzione agli sbagli, ai peccati che io ho compiuto potrebbe essere funzionale a mantenere intatte condizioni di ingiustizia di cui -erroneamente- non mi sento debitore. I miei peccatucci finiscono per distrarmi da ciò che è essenziale e che altri comportamenti, soprattutto di omissione, impediscono di vedere e perseguire. “pagate le tasse sulla menta e non vi accorgete delle ingiustizie verso le vedove, gli orfani ed i poveri!”. 


Anche i giusti sembrano stupiti delle parole del Re. Comprensibile: non avevano agito per tacitare Dio o per forzargli la mano per pagarsi un biglietto in prima fila per il paradiso!


Infine: cosa vuole dirci Gesù? Forse che Dio prende sul serio le azioni umane e che non possiamo trovare la scusa del “tanto con cambierebbe nulla!”. Inoltre l’identità del Re con le persone fragili ci riporta ai due che sono un solo comandamento: Ama il Signore tuo Dio e ama il prossimo tuo come stesso!


Buona Domenica


D onde 


NB: Le letture


Dal libro del profeta Ezechièle


Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. 

Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia.

A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.  


Salmo Responsoriale Dal Salmo 22


Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla.

Su pascoli erbosi mi fa riposare. 

Ad acque tranquille mi conduce.


Rinfranca l’anima mia,

mi guida per il giusto cammino

a motivo del suo nome. 


Davanti a me tu prepari una mensa

sotto gli occhi dei miei nemici.

Ungi di olio il mio capo;

il mio calice trabocca.


Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne

tutti i giorni della mia vita,

abiterò ancora nella casa del Signore 

per lunghi giorni.


Seconda Lettura  1 Cor 15,20-26a.28


Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. 

Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. 

È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. 

E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. 


Alleluia, alleluia.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore!

Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!

Alleluia.

   

 

   

 Vangelo  Mt 25,31-46


Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 

«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 

Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 

Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 

Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 

Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 

E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».


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