Il racconto
In quel tempo trascorrevamo l’estate in una casa di campagna. Alla sera era fresco, e questo mitigava le nostre fatiche. La casa era sempre stata abbandonata almeno per quello che potevamo ricordare e non dovevamo condividerla con nessuno, tranne che con gli insetti, così prolifici nella bella stagione. Tutte le stanze avevano i vetri rotti o le finestre ormai bloccate dalle cerniere arrugginite, ma per le temperature di quella stagione non contava nulla che restassero aperte di giorno e di notte. La casa aveva un grande piazzale davanti, con alcuni avanzi di alberi da frutto, e dietro un bel bosco con una strada ampia fatta di terra battuta e sassi. Quando pioveva formava rivoli e pozze dove potevamo divertirci con i miei fratelli più piccoli.
Da quella strada arrivarono i nostri problemi: la prima volta fu di notte. Sentimmo rumori e vedemmo arrivare quegli animali per la prima volta capitati da queste parti. Certamente provenivano dalla zona oltre la collina e ne avevamo sentito parlare soltanto nelle storie dei nostri parenti più anziani che li descrivevano come bestie feroci capaci di tutto.
Così cominciammo a fare i turni di guardia notte e giorno. Quelle bestie: a me capitò di incontrarle durante il mio decimo turno di giorno. Le vidi arrivare da quella strada. Un branco di maschi e femmine adulti. Avanzavano come se fosse un loro territorio, arroganti con il loro istinto di predatori! Dapprima sentii un rumore come di terreno che trema e potei osservarli bene solo quando furono già in casa.
Iniziai a correre per tutte le stanze per avvisare gli altri del loro arrivo, ma appena quegli animali mi videro presero ad emettere grida e versi che mi fecero saltare il cuore in gola. Una di loro iniziò a rincorrermi. Sentii dietro a me la corsa con quelle sue zampe a terra pesanti ed estese come quelle di una cavalletta. Tuttavia non fu agile come me, che riuscii a trovarmi un rifugio in un buco nel muro, da dove potei vedere bene in faccia quel mio gigante nemico. Stava ritto sulle zampe posteriori, mentre quelle anteriori finivano con unghie che si piegavano come se volessero prendermi. Addirittura riusciva a trattenere e scuotere un lungo ramo senza foglie. Il suo muso era roseo, coperto di pelo sopra e sotto. Al centro occhi e naso e bocca erano posti gli uni sopra gli altri. Le orecchie spuntavano dal pelame ai fianchi del capo e con la bocca aperta potevo vedere tutti quei denti bianchi pronti a mordermi e divorarmi.
Non ne capii il perché, ma mi accorsi che le femmine di quegli animali stavano fuggendo, e con loro a breve si allontanarono anche gli esemplari maschi. Ultimo ad uscire quello che mi braccava!
Quella sera decidemmo di lasciare la casa e di non tornarvi mai più. Tornammo nella nostra valle solitaria, e i nostri racconti su quegli animali si arricchirono di nuovi particolari vividi e carichi di quel terrore che permettesse alle nuove generazioni di starsene alla larga dai loro territori. Nella valle viveva ancora un anziano topo che proveniva da quei luoghi che nella leggenda si chiamano città. Ripeteva sempre che nelle città vivevano i predatori più temibili: “uomini” li chiamava.
Non se questo è il loro nome, ma io e la mia famiglia non torneremo mai più a rischiare di incontrarli.
Mettere qualche puntino sulle “I”
Un Avvento in tre tempi: quello della profezia, quello della giustizia, quello della misericordia.
“Siamo divenuti tutti come una cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia”.
Chi potrebbe identificare le proprie opere di giustizia ad un panno immondo? Siamo talmente abituati a interrogarci sulle cose sbagliate che rischiamo di non essere più critici verso quelle che sembrano non destare problemi o che addirittura ricevono conferma ed approvazione dagli altri. Diamo per scontato che siano giuste! Lo spirito del profeta Isaia non tace che dentro i bustoni della spesa dei nostri peccati, uno spazio ed un peso rilevante abbiano tutte quelle azioni che chiamiamo giuste soltanto per scarsa lungimiranza o incapacità di accorgersi che sono frutto di una giustizia parziale ed interessata, dove al centro ci siamo noi stessi, la nostra cultura, la nostra società.
Tanto per ricordarci che la giustizia senza carità potrebbe trasformarsi nel suo opposto!
Isaia ci riporta ad una nostra “argillosa” creaturalità che ci spinga a non gonfiarci troppo di orgoglio delle nostre azioni, mantenendo quello spirito critico che solo nasce dalla costante ricerca di relazione con Dio, con il mondo, con gli altri, nostra casa comune.
“in lui siete stati arricchiti di tutti i doni…Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
A ciascuno il suo, come ricorda anche il Vangelo di oggi. dentro una comunità nessuno detiene il monopolio dei doni, che anzi vengono distribuiti tra tutti perché si eviti con la concentrazione in mano di pochi, che si creino gerarchie autoreferenziali.
La sottolineatura della fede come chiamata alla comunione con il Figlio (e dunque con tutti i figli/fratelli-sorelle in Lui) è lo strumento per restare coi piedi per terra e soprattutto in marcia insieme all’umanità.
Il tema della veglia, della capacità di custodire ed essere attenti alla casa che ci è stata affidata, di saper riconoscere la venuta del padrone di casa, sono al centro del brano tratto dal Vangelo secondo Marco.
Vigilare non fa parte del campo semantico del controllo, a meno di intenderlo come difesa dei propri interessi. non così in questo caso: la breve storia narrata spazza subito via le coordinate della sicurezza “voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà!”. Dio non entra nella nostra agenda come l’appuntamento dal dentista e neanche come l’attesa del pacco di acquisti online! Se dovessimo mantenere il paragone dovremmo dire che gli altri sono l’agenda di Dio. E solo aprendoti agli altri potrai scoprire cosa c’è scritto in quell’agenda. Vegliare assomiglia un bel po’ ad uscire da sé stessi!
Ed ora un piccolo esercizio.
Proviamo a fare un attimo di silenzio e distribuiamo i nostri pensieri e preoccupazioni – per un attimo – al vento freddo di fine novembre! Fatto? Bene, concentratevi alla porta di casa. Adesso magari è chiusa. Ora provate a chiedervi: e se vivessi come su Lui fosse dietro questa porta?
Buon Avvento, buona Domenica
D onde
Le letture
Dal libro del profeta Isaia 63, 16b-17.19b; 64, 2-7
Tu, Signore, sei nostro padre,
da sempre ti chiami nostro redentore.
Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie
e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema?
Ritorna per amore dei tuoi servi,
per amore delle tribù, tua eredità.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
Davanti a te sussulterebbero i monti.
Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo,
tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti.
Mai si udì parlare da tempi lontani,
orecchio non ha sentito,
occhio non ha visto
che un Dio, fuori di te,
abbia fatto tanto per chi confida in lui.
Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia
e si ricordano delle tue vie.
Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato
contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli.
Siamo divenuti tutti come una cosa impura,
e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia;
tutti siamo avvizziti come foglie,
le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento.
Nessuno invocava il tuo nome,
nessuno si risvegliava per stringersi a te;
perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto,
ci avevi messo in balìa della nostra iniquità.
Ma, Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi siamo opera delle tue mani.
Dal Salmo 79
Signore, fa' splendere il tuo volto e noi saremo salvati.
Tu, pastore d’Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci.
Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1, 3-9
Fratelli, grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!
Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza.
La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
Dal vangelo secondo Marco 13, 33-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
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