Dodoma 8 agosto
Che ti prende Bologna? Sei ancora quieta e sudata sotto la canicola? Ci sono ancora i turisti che movimentano le tue coperte calde, i tuoi monumenti, le sedie scansafatiche sotto i portici? Spero per te che vada bene come a me e a noi qui a Dodoma.
Più di 1100 metri sul livello del mare, rocce granitiche sovrastanti l'altopiano savana come sassi di giganti al mare in gioco ammonticchiati e tondi consumati di acqua marina di qualche era fa! Il sole è caldo di giorno ma spira dentro e fuori città il vento che trasforma le cose. Specialmente di notte: 31 gradi sono un clima piacevole ma le zanzare di notte stanno attaccate ai sassi per non volare via e di pungerci rimandano l'affare e l'istinto. Anche a Chigongwe dove siamo ospiti di una NGO locale col fuoco e l'I CARE dei bambini di strada, tra i primi ad accorgersi della situazione in aumento in Tanzania oltre 20 anni fa.
Il fulcro centrale resta sempre la povertà, non il deserto. Ascoltiamo le storie di alcuni di loro, come onde a infrangersi sugli scogli: tutti vorremmo l'umana sensibilitá che ci permetta di accorgerci di quello che succede sotto i nostri occhi, vero Bologna? A gabbia Verdi ci passiamo per mille ragioni e nello zoo osserviamo tristi e distratti i tossici gli ubriachi, lo spaccio, gli odori dei bagni stradali, qualche urlo ogni tanto, ogni tanto un coltello.
Anche quelle dei bambini sono storie di paure e di violenza. La radice è la povertà, e quindi l'ingiustizia.
Come dici? Scappare di casa, salire senza biglietto nella stiva di un autobus, iniziare a vivere in strada: cosa c'entra con la giustizia? Cara Bologna non guardare le tue buone case senza problema di fine mese e di stipendio. Osserva, guardati intorno, scegli di accorgerti di chi fatica coi soldi, con l'anziana solitudine, con la malattia a termine, con la cultura delle soluzioni prestoebeneebotte! Ti accorgerai che avere la febbre del fare e di successo lascia molto ai margini e alle ombre tanti che sembravano da aiutare con la carità perché sono poveri, e invece aspettano la giustizia: perché siamo poveri?
Ah si! È vero! Se uno è povero, è colpa sua secondo te!
Allora ho poco da dirti.
Anzi no! Ti voglio dire che a volte, quando si cerca di tornare a casa, trovi la madre che sta dalla parte del violento marito o le stesse autorità accettano un dono per chiudere gli occhi. La violenza, quella terribile, è quando non solo la subisci, ma sei posto nella condizione che ti pare normale o ineluttabile. Sono tutti feriti, persone che sanguinano e mettere un cerotto non basta. Don Milani distingueva le piccole leve della carità e le grandi leve della giustizia. Ma se tu pensi che sia normale che ci siano i poveri allora ti sembrerà normale anche che ci sia l'ingiustizia e la violenza.
Ti voglio raccontare una storia di una specie di uccelli che qui chiamano weaver, sono tessitori ed i maschi costruiscono i nidi. La femmina se non gradisce non solo vola via ma lo distrugge anche. Questo ci ha raccontato la nostra guida locale. Etologia reale o proiezione psicologica? Devo verificare. Ma la stessa guida ci ha anche portato ad incontrare le ragazze ed i ragazzi di una scuola per sordo muti. Abbiamo imparato parole che non sapevamo. Ad ognuno di noi è stato dato un segno per dire il nostro nome senza con la mano dire tutte le singole lettere che lo compongono. Io ho per segno la mano destra con le dita piegate e distese a 90 gradi sul palmo e poi affiancato alla tempia, batterci sopra. Sembra quasi un gesto per dire "sono un tonto, non ho capito nulla, come sono messo" e invece è anche la parola che indica il prete. "Sono un prete" per me sarà il segno per dire che "io sono Francesco".
E poi stasera, senza calcolo, dopo cena quasi a caso abbiamo iniziato semplici giochi al tavolo, si sono uniti sempre più i ragazzini, allora ci siamo spostati al centro della sala aperta sotto la tettoia in cui mangiamo. Noi e i bimbi, seduti. Gli adulti e le cuoche, tutti ai lati a godere del gioco. Abbiamo davvero riso forte stasera, sai! Tutti eravamo contenti, facevamo invidia alle stelle, che ci guardavano per brillare di più anche loro.
Che fai bologna sudi ancora? Bene, ti voglio raccontare un altro momento dove abbiamo sudato anche noi. Ieri a fine pomeriggio eravamo nel villaggio. Abbiamo raggiunto la partita del secolo meglio che l'olimpiade perché in campo giocavano quasi 50 persone: una partita certamente inclusiva. Il campo in discesa o in salita a seconda da quale parte giocavi. Si sono aggiunti i nostri, polveroni di massa che andavano su e giù sotto il sole, "ma come mai giocano anche le ragazze?" Dicono alla nostra guida. Tiri in porta e guai a chi guarda da dietro! Qualcuno cade, aumentano gli spettatori per spettacolo pubblico non pagante. Si viene a vedere una presenza strana e fortuna finisce due a due. Salutiamo. Ci salutano. "Wageni" ci chiamano col nome di ospiti e non quello negativo di wazungu. Non capita spesso. Specie in città, mi dicono. Siamo due mondi e noi praticamente dei bambini ignoranti, qua. Ma abbiamo condiviso tutto quello che c'era oggi a disposizione: sole polvere pallone.
Giochiamo tutti fino all'ultima luce e ci guardiamo intorno prima del buio, se il nostro gioco è stato davvero bello, per vedere quanti sguardi incontriamo. E non siamo soli nonostante la notte.
Francesco d. Onde
"Sortire insieme dai problemi è politica" (don Milani)
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