Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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domenica 3 dicembre 2017

Un anno non è mai uguale all'altro: è tempo possibile di pace! (commento di p.Balducci alla 1^ DOMENICA D’AVVENTO - Anno B)

3 Dicembre 2017 – 1^ DOMENICA D’AVVENTO - Anno B

Qual è il paese dove la libertà è un bene sicuro anche per i meno dotati e per i più poveri? Non è forse vero che anche nelle democrazie più democratiche la legge del più forte spadroneggia in assoluto più ancora che nella giungla dove almeno i ritmi naturali contenevano la ferocia umana dentro argini intangibili?

PRIMA LETTURA: Is 63, 16b-17.19b; 64, 2-7 SALMO: 79- SECONDA LETTURA: 1 Cor 1, 3-9- VANGELO: Mc 13, 33-37


Vorrei fare una riflessione introduttiva sui diversi modi con cui siamo soliti valutare il tempo che passa, gli anni che si succedono. C'è un primo modo che è quello della quantità: un anno succede all'altro, il tempo corre come una linea, nulla torna indietro e tutto appare davvero come vanità. Se togliamo dall'universo delle cose questa sovrastruttura della memoria umana che ordina il caos nella successione, ogni attimo è la fine dei tempi e ogni attimo è l'inizio. Nulla resta. L'azione irreparabile del tempo scandisce in noi la legge della finitezza e della provvisorietà. 

C'è anche un tempo qualitativo, quale vuole essere il tempo liturgico. Il ritorno ciclico delle stagioni liturgiche è un ritorno che vuole assumere la linea fuggevole del tempo dentro una struttura significativa. Non è vero che il tempo è pura successione. C'è in noi l'attesa di ciò che deve venire, e la disposizione ad accogliere un futuro ricco di doni misteriosi o di doni conosciuti. 

Noi viviamo partecipando alla sofferenza del mondo, avvertendo questa passione come la nobiltà tipica dell'esistere prima della morte. L'ombra della morte ci attraversa e noi dobbiamo prendere posizione di fronte all'ineluttabile destino. Nella liturgia noi imprimiamo sul tempo che fugge l'ordine e la logica e il finalismo della nostra coscienza morale e religiosa. 

C'è finalmente un tempo culturale, quello in cui siamo cresciuti e abbiamo acquistato dalla tradizione che ci ha preceduto forme di sapere e di condotta. Secondo questa visione, il tempo è un progressivo accumulo di valori, è un avvicinarsi lento verso traguardi significativi per tutta l'umanità. 

Gli anni non si succedono uguali agli anni, ma ogni anno porta un di più di giustizia, di pace, di uguaglianza; o, come si diceva un tempo - ma la parola ci si è congelata sulle labbra -, un di più di civiltà. Il dramma di questi anni è che questa terza dimensione non riusciamo più a viverla. «Le magnifiche sorti e progressive» dell'umanità sono una fola, un mito da cui ci stiamo distaccando. «Le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento»; hanno portato via i nostri ideali, le grandi conquiste del passato, gli approdi irreversibili delle grandi rivoluzioni dell'umanità. 

Dove sono queste conquiste? Dov' è la libertà per cui si son fatte tante rivoluzioni in questi secoli e i cui contenuti sono sanciti dalle costituzioni? Qual è il paese dove la libertà è un bene sicuro anche per i meno dotati e per i più poveri? Non è forse vero che anche nelle democrazie più democratiche la legge del più forte spadroneggia in assoluto più ancora che nella giungla dove almeno i ritmi naturali contenevano la ferocia umana dentro argini intangibili? E là dove si sono fatte rivoluzioni per la giustizia, ditemi voi dov'è la giustizia? Essa è pagata amaramente, se pur c'è. 

E così noi ci troviamo in una situazione intollerabile in cui tutte le nostre ricchezze, quelle che creiamo sfruttando le energie della natura, trovano corpo e forma nell'arma distruttiva. Abbiamo un patrimonio, calcolato in denaro, di armi, incredibile: basterebbe spenderne una piccola percentuale per risolvere tutti i mali del mondo. Ditemi voi se i nostri atti di giustizia non siamo ormai divenuti immondi.[…] Forse domani la nostra iniquità ci porterà via come un vento. Tutto è pronto. La forza d'urto di una bomba è come il vento, porta via tutto: il Cupolone, il campanile di Giotto, ... È la nostra iniquità che cresce su se stessa col nostro contributo, con la nostra complicità, con il nostro silenzio o quanto meno con la nostra inerzia. Ecco perché dobbiamo vigilare. L'anno che comincia è già grazia, è lo spazio, forse immeritato, - potrebbe essere l'ultimo - per le nostre scelte.



Ernesto Balducci – da:”Il Vangelo della pace” – Vol. 2

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