Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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mercoledì 31 luglio 2019

VUT 2 colore profondo Dar (31 luglio 2019)

Un colore ha profondità quando lo sguardo non riesce a esaurirlo dopo ripetute osservazioni. Non si tratta solo di intensità del livello cromatico, ma della sua capacità di sorprendere di nuovo la nostra percezione. Ancora non hai visto tutto di me, sembra dirmi oggi la città di Dar es Salaam. Eppure sarò passato qui almeno una 50ina di volte in questi anni!


Il sonno -poco- che ci concediamo dopo l'arrivo al nostro alloggio alla salvation army è di poche ore. Il gruppo è un po' provato perché le nostre valigie in blocco hanno deciso di non seguirci e arriveranno solo domani (ma questo 31 luglio ci sembrerà un giorno infinito). Poco male: prevale ancora lo stupore di essere arrivati in questo nuovo mondo. Almeno fino ad esaurimento scorte: c'è chi ha pensato di lavarsi e lavare gli indumenti ed usare le lenzuola come gonne improvvisate, un po tovaglie da picnic! Il vantaggio è che puoi andare a dormire vestito ed andrà bene!

Alle 8,30 colazione: tutti in orario. Perfetto! Poi in centro per cambiare i soldi e per acquistare le sim locali utili a poter entrare in contatto con l'altro, il nostro mondo. Gli uffici cambio sono decimati ed i prezzi vantaggiosi degli scorsi anni ce li dimentichiamo.

Una vecchia canzone di Bob Dylan del 1964, ma scritta prima dell'omicidio Kennedy, si intitolava I TEMPI STANNO CAMBIANDO. Più o meno questa la traduzione:

 Venite, voi tutti che ovunque vagate e
Ammettete che le acque oggi sono salite e
Accettate che presto sarete inzuppati
...E se il tempo per voi ha un valore
Imparate a nuotare o affonderete come pietre
Perché i tempo stanno cambiando

Venite, sapienti che profetizzate
Occhi aperti perché questa è l'ultima scelta
Aspettate a parlare, c'è la ruota che gira
Chi può dire chi sarà designato?
Il perdente di adesso sarà domani il vincente
Perché i tempi stanno cambiando

...E voi governanti, ascoltate il richiamo
Non fermatevi lì ad ostruire l'ingresso
Lasciateci entrare o ci rimetterete
La battaglia al di fuori infuria
E scuoterà presto i vostri palazzi
Perché i tempi stanno cambiando

La linea è tracciata e c'è movimento
L'uomo lento d'adesso, domani andrà svelto
Così il presente sarà il passato
...E l'ordine sta scomparendo
E ancora una volta ci sarà movimento
Perché i tempi stanno cambiando.

Non credo che quando abbiamo il sentore che i tempi stiano cambiando, riusciamo anche a intuire come. Il come è spesso proiezione di tanti nostri desideri. Guardo Dar ed oggi più che negli scorsi anni mi sembra di vedere una città cambiata, il suo colore è profondo al mio sguardo, è lei, certo, ma il suo colore oggi mi appare inedito, ed il suo stile marino, indaffarato, impegnato, turistico, vitale ad ogni crocicchio, con le persone che cercano il loro piccolo business, è stato impresso dentro un altro colore, abissalmente alto come i nuovi grattacieli, trasparente come le assenti case coloniche ormai crollate dietro teche di alluminio, musei di lavori in corso. E le persone ad ogni nuova regola che i tempi impongono, mutano anch'esse fino ad assumerne la profondità: abissalmente alti e trasparenti. Come saranno i nuovi cittadini di questa megalopoli? 4 milioni e mezzo ufficialmente, ma molti di più: forse ben oltre un milione in più! Quasi uno su dieci in Tanzania, vive in questa città.

E noi? Che turisti siamo? Più tardi, alla sera, durante il nostro incontro chiedo al gruppo come ha vissuto questo passaggio a Dar, loro primo approccio con il Tanzania e con il suo popolo. Elemento comune alle risposte è l'alterità, interpretata ora positivamente (un tuffo, ma un modo per stare in acqua lo troveremo) ora con qualche dubbio (ora qui siamo noi ad essere osservati), fino ad un certo timore che si riesca a superare questo salto culturale ed esistenziale. Io opto sempre per la speranza!

Visitiamo un po le vie principali e li porto a pranzare al mercato del pesce. Appena fuori, a ridosso del muretto di un paio di metri che separa dalla strada, su telo da camion, alcuni stendono i pesciolini più piccoli e qualche gamberetto per farli essiccare. È ormai l'una ed il caldo più afoso del giorno permea la nostra pelle ed i nostri abiti. Il calore talvolta prende la direzione di qualche brezza improvvisa che sembra mangiarci quel po di sudore che sale in superficie della epidermide. Ecco, sotto questo sole si sprigiona l'odore pungente che segna la fase più acuta dell'essiccamento, un profumo molliccio di colla di pesce e moccio prima di starnutire.

Io mi siedo ad un tavolo che si affaccia sulla scogliera fatta di rosate pecorelle di massi debolmente carsici. Un via vai dalle bancarelle attigue alla strada e questo retro bottega che finisce in mare, accompagna il mio sguardo: lavanderia, toilette, deposito, magazzino, riposo. Il mare oggi è calmo e accompagna tranquillo anche una immensa nave merci mentre fa il suo ingresso nella baia tenendo sulla sinistra la penisola di kigamboni, un dinosauro che trasporta per tutta la sua lunghezza almeno 150 containers. Una piccola imbarcazione gommata la sta direzionando verso i docks sul lato opposto della baia.
Un pesce stanco, dal dorso voluminoso, salta fuori dal pelo dell'acqua, appena il tempo di provare come sia il corso in quel nuovo mondo di aria, che non è il suo. Eppure sembra tentare di sapere cosa significhi respirare senz'acqua.
Nel tavolo di fianco siede un signore anziano, ha gia consumato il pasto e sosta curioso di me che pranzo. Mentre lo osservo anche io, se sbagliamo i tempi rischiamo di incrociare gli sguardi, che dobbiamo subito orientare verso gli orizzonti neutrali di qualche gatto che cerca di piluccare ossicina o lische cadute dai tavoli. Una giovane coppia arriva e serenamente occupa due posti del suo tavolo, assorbendo completamente la sua nuova attenzione. Termino il pasto e raggiungo gli altri. Rientriamo alla salvation.

Recitano alcuni salmi che il cuore umano è un abisso. Che noi di noi stessi non arriveremo mai a capire fino in fondo come agiamo e perché cambiamo. Siamo spesso un mistero a noi stessi. Siamo profondità di colore. Vero. Ma per il gruppo stasera ho voluto concludere con una nota di speranza con la profezia di Ezechiele: toglierò da voi il cuore di pietra e metterò in voi un cuore di carne. Appunto: io opto per la speranza.

d.onde

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