Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

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sabato 20 ottobre 2018

Le tre povertà del discepolo (Papa Francesco a Santa Marta)

C’è una povertà che è la “classica” di allontanarsi dalle ricchezze e distaccarsi, con le mani e con il cuore, dai soldi. Poi c’è un altro tipo di povertà che è quella di «ricevere umilmente le persecuzioni», tollerare cioè le calunnie, le dicerie, i piccoli attacchi di quartiere e nelle parrocchie o i grandi scandali pubblici o, ancora, le violenze e il martirio a causa del Vangelo. Infine, c’è una terza povertà che è la solitudine, l’abbandono, quella che si sperimenta sul finire della vita. A tutte e tre chiama il Signore e tutte e tre queste povertà scandiscono la strada del discepolo, dice Papa Francesco nella messa a Santa Marta per la festa di San Luca. 


Lo spunto per la riflessione del Pontefice - riportata da Vatican News - viene dal Vangelo di Luca che parla dell’invio dei 72 discepoli senza «borsa, né sacca, né sandali», in totale povertà perché Dio vuole che la strada del discepolo sia povera. Il discepolo attaccato a soldi o ricchezze, non è vero discepolo, afferma infatti Francesco. Avere un «cuore povero» è «la condizione per iniziare la strada del discepolato». E «se nel lavoro apostolico ci vogliono strutture o organizzazioni che sembrano essere un segno di ricchezza, usateli bene ma distaccati», ammonisce Bergoglio. «Se tu vuoi seguire il Signore, scegli la strada della povertà e se tu hai ricchezze perché il Signore te le ha date, per servire gli altri, ma il tuo cuore, staccato. Il discepolo non deve avere paura della povertà, anzi: dev’essere povero».

Ancora più difficile, però, è accettare la seconda forma di povertà che è quella delle persecuzioni. Sempre nel brano del Vangelo di oggi il Signore invia i discepoli «come agnelli in mezzo ai lupi». Lupi, oggi, ce ne sono tanti, come pure agnelli, ovvero i tanti cristiani perseguitati nel mondo per la loro fede. Francesco cita un esempio concreto riportando l’intervento nell’aula del Sinodo di «un vescovo di uno di questi Paesi dove c’è persecuzione» che ha raccontato di «un ragazzo cattolico preso da un gruppo di ragazzi che odiavano la Chiesa, fondamentalisti; è stato picchiato e poi buttato in una cisterna e buttavano il fango e alla fine, quando il fango è arrivato al collo: “Dì per l’ultima volta: tu rinunci a Gesù Cristo?”. “No!”. Hanno buttato una pietra e l’hanno ammazzato».
«L’abbiamo sentito tutti. E questo non è dei primi secoli: questo è di due mesi addietro! È un esempio. Ma quanti cristiani oggi soffrono le persecuzioni fisiche: “Oh, questo ha bestemmiato! Alla forca!”», afferma il Papa.

Sono violenze che sembrano essere lontane anni luce nei Paesi più occidentalizzati e sviluppati, ma che invece, osserva Bergoglio, sono ben presenti solo che in un’altra forma. Sono, cioè, tutte le calunnie, le dicerie, le accuse, gli attacchi, che il cristiano sopporta stando «zitto». Lui «tollera questa “povertà”» e «alle volte è necessario difendersi per non dare scandalo…». «Le piccole persecuzioni nel quartiere, nella parrocchia… piccole, ma sono la prova: la prova di una povertà», dice Francesco. «È il secondo modo di povertà che ci chiede il Signore».

Il terzo è quello della solitudine e dell’abbandono, quello che ha subito anche il «grande Paolo», l’apostolo che «non aveva paura di nulla» e che invece nella sua prima difesa in tribunale dice che «nessuno lo ha assistito: “tutti mi hanno abbandonato”», eccetto il Signore che gli ha dato forza. Lo stesso può accadere ad esempio ad un ragazzo o ad una ragazza di 17 o 20 anni, che con entusiasmo lascia le ricchezze per seguire Gesù, poi «con fortezza e fedeltà» tollera «calunnie, persecuzioni quotidiane, gelosie», piccole e grandi persecuzioni, e alla fine il Signore gli può chiedere anche «la solitudine».

Papa Francesco ricorda l’esempio anche di Giovanni Battista, «l’uomo più grande dell’umanità, e questa qualifica viene dalla bocca di Gesù»: «Grande predicatore: la gente andava da lui a farsi battezzare. Come è finito? Solo… nel carcere. Pensate, voi, cosa è una cella e cosa erano le celle di quel tempo, perché se queste di adesso sono così, pensate a quelle… Solo, dimenticato, sgozzato per la debolezza di un re, l’odio di un’adultera e il capriccio di una ragazza: così finì l’uomo più grande della Storia. E senza andare così lontano, tante volte nelle case di riposo dove ci sono i sacerdoti o le suore che hanno speso la loro vita nella predicazione, si sentono soli, solo con il Signore: nessuno li ricorda».

«Il discepolo è, quindi, povero - ricapitola il Papa - nel senso che non è attaccato alle ricchezze e questo è il primo passo. È poi povero perché è paziente davanti alle persecuzioni piccole o grandi, e, terzo passo, è povero perché entra in quello stato d’animo di sentirsi abbandonato alla fine della vita». Preghiamo allora, è l’invito finale del Pontefice, per tutti i discepoli - «preti, suore, vescovi» ma anche «Papi» e «laici» - perché «sappiano percorrere la strada della povertà come il Signore vuole». 

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