Papa Francesco

"Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardare la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno." Papa Francesco

Translate

venerdì 23 ottobre 2020

ECONOMIA E COVID intervista a Gael Giraud

 La pandemia che stiamo vivendo viene a toccare molti aspetti della nostra vita, ma ancora di più quello dell’organizzazione del nostro mondo. A cominciare dall’economia. Ne parla Gael Giraud, gesuita, che dirige il centro per la giustizia ambientale della Georgetown University di Washington. 


Servizio di Leonardo Possati



Professore, quale sarà l’impatto economico della pandemia in Europa?

«In Italia, come negli Stati Uniti e in tutta l’Europa (forse a parte la Scandinavia), entreremo in una profonda recessione per diversi anni. Sarà probabilmente una recessione più grave di quella del 1929. La perdita del Pil mondiale rischia di raggiungere il 3% per ciascun mese di lockdown. In Cina, dove la maggior parte delle cifre fornite dal governo sono false, il 60% dell’economia è oggi ancora fermo. Questa crisi economica è completamente nuova: è al contempo un crollo dell’offerta (almeno il 50% dell’industria e dei servizi in Italia, Francia e Spagna è chiuso) e della domanda: anche chi ha liquidità non può usarla perché tutto è chiuso. È inoltre verosimile che il crac finanziario che è in corso peggiori ulteriormente: il 30% del capitale in Borsa a livello mondiale è già sparito. E non è ancora finita». 

Tornando al discorso economico: quali le misure urgenti che i governi dovrebbero prendere?

«Mario Draghi ha avuto perfettamente ragione nel suonare il campanello d’allarme. L’ex Presidente della Bce sa perfettamente che la depressione sarà profonda e duratura, e che l’unico attore economico che può ancora agire efficacemente oggi è lo Stato. Le regole budgetarie della zona euro sono state addolcite ma quanto fatto è insufficiente: tutti i debiti pubblici esploderanno in tutti i Paesi, soprattutto negli Stati Uniti. Io penso che nella zona euro bisogna perseguire l’annullamento della parte dei debiti sovrani detenuti dalla Bce. Per la Francia, per esempio, si tratta di 400 miliardi di euro. Cosa succederà se la Bce annulla il rimborso di questi debiti? Essa perderà fondi propri ma questo non la impedirà nel continuare a proseguire la sua missione. I Trattati europei non ci obbligano a ricapitalizzare la Bce. Dunque, non abbiamo nulla da perdere nell’annullare un debito che noi dobbiamo a noi stessi».  

Quali saranno gli interventi necessari alla ricostruzione?

«Tutto quanto è successo esige di ricostruire, in Italia, un’industria verde resiliente, meno dipendente dalla catena di approvvigionamento di energia dall’estero che è troppo debole e che in questo momento sta per crollare. La priorità a medio termine è rilocalizzare la produzione industriale e agricola. L’urgenza a breve termine è rimettere in funzione i settori industriali e dei servizi, oggi fermi, che creano occupazione. La disoccupazione di massa tornerà a essere una realtà duratura per i paesi occidentali, soprattutto per gli Usa. Lo Stato deve immaginarsi come datore di lavoro di ultima istanza». 

Può fare degli esempi?

«Tutti i lavoratori stagionali sottopagati nella produzione agricola nel Meridione oggi devono essere sostituiti: bisogna proporre ai giovani di città, disoccupati e che non sono infettati dal virus (o sono immuni), di mettersi al lavoro nell’agricoltura con uno stipendio pagato dallo Stato. Inghilterra, Danimarca e Irlanda finanziano tra il 70% e l’80% degli stipendi di chi è senza lavoro a causa del virus; i governi di questi Paesi pensano di pagare anche le tasse delle imprese. Questi sommi esempi di neoliberismo osano andare così avanti nella statalizzazione dell’economia. Non è facile che ciò avvenga anche in Italia, che non ha una tradizione statale forte, ma esiste un’altra soluzione? L’Italia del nord ha il miglior tessuto industriale del mondo. Sarà capace di inventare un altro modello rispetto a quello che ci ha reso vulnerabili». 


l'intera invervista si trova sul sito de LA STAMPA a questo link


Nessun commento:

Posta un commento